четверг, 2 апреля 2009 г.

TRISTANO E ISOTTA IN BREVE
a cura di Gianni Ruffin

Per la storia della musica, del teatro musicale e dell’arte tout court, il 10 giugno 1865 è
data determinante: al Königliches Hof- und Nationaltheater di Monaco di Baviera fu rap-
presentata l’«azione» (Handlung) Tristano e Isotta di Richard Wagner. A quali vertici l’ar-
tefice aspirasse con questo lavoro è già illustrato nella celeberrima lettera che Wagner
scrisse a Liszt nel 1854: «poiché in vita mia non ho mai gustato la vera felicità dell’amo-
re, voglio erigere al più bello dei miei sogni un monumento nel quale dal principio alla
fine sfogherò appieno questo amore. Ho sbozzato nella mia testa un Tristano e Isotta; un
concetto musicale della massima semplicità, ma puro sangue; col bruno vessillo che sven-
tola in fine del dramma, voglio avvolgermi per morire!».
La scelta del modello letterario cui attingere era caduta sul più atipico dei capolavo-
ri medievali, l’incompiuto omonimo poema scritto nel 1205-10 da Gottfried von
Straßburg: un testo che «rispetto al suo tempo ed al suo mondo possiamo tranquillamente
definire una mostruosità», scrive Peter Wapnewski, argomentando poi che «là dove […]
la stella del destino viene strappata giù dalla volta celeste e dalla sfera del divino e impe-
riosamente accasata nel singolo petto, là il Medioevo è finito». In un certo senso fortuna
volle che il capolavoro di Gottfried rimanesse incompiuto: Wagner ebbe così mano libe-
ra nel delinearne la conclusione, compendiando nel finale la più sconvolgente concezio-
ne dell’amore, della vita e della morte mai apparsa fino ad allora.
Nel Tristan wagneriano destino e amore – inteso come trasgressione altamente mora-
le – coincidono in modo assoluto, tanto che sarebbe delittuoso non assecondarli, o, peg-
gio, ostacolarli. Solo una categoria freudiana come quella definita dal concetto di «regres-
sione» sembra in grado di restituirci il senso dell’analogia profonda che lega l’idea di
amore a quella della pulsione di morte. Nel Tristan la morte comune dei due amanti non
è la luttuosa fatalità che in molte opere romantiche interviene più o meno accidental-
mente, unica possibile via d’uscita da una situazione senza rimedio. Essa è invece la con-
seguenza assolutamente necessaria dell’amore, anzi il suo compimento.
Assecondando un destino che li sovrasta, li travolge, e del quale si fanno entusiasti-
camente carico, i due amanti obliano ogni vincolo sociale, ogni senso d’appartenenza,
qualsiasi legame d’amicizia. I valori fondativi dell’etica cavalleresca (onore, gloria, rispet-
to, fedeltà, altruismo) sono presentati come simboli e frutti della vanità «diurna» e della
falsità delle convenzioni sociali. Contrapposta alle meschine e superficiali menzogne del

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GIANNI
mondo, la sola verità che avvince i due amanti è l’anelito all’eterno indistinto della notte
e della morte. Oggetto ultimo del desiderio di Tristan e di Isolde è dunque la morte, eter-
no superamento della finitezza e dell’isolamento dell’io: solo nel grembo dell’oscurità
eterna, infatti, la reciproca unione dei due amanti sarà assoluta e definitiva. Bisogna avere
il coraggio di ammettere che, se è vero che «ogni gioia vuole eternità» (Nietzsche), il fina-
le di questo capolavoro contiene in fondo un nucleo positivo.
Molteplici furono le istanze, le esperienze, le sollecitazioni confluite in simile conce-
zione. Sicuramente un ruolo importante spettò all’esperienza biografica. Il riferimento,
ben noto, è alla tempestosa vicenda sentimentale con Mathilde Wesendonck, della quale
ricorderemo i Lieder musicati da Wagner, fra cui i due «studi per Tristan», Träume e Im
Treibhaus, il primo dei quali fu definito da Wagner «la cosa più bella che ho scritto (tremo
sino alle radici più profonde dei miei nervi quando lo sento)».
Pertinente è anche il riferimento a Schopenhauer ed al suo pessimismo cosmico, pur-
ché si tenga presente il risvolto tragicamente assertivo dell’ambivalente volontà di morte
di Tristan e di Isolde cui si è fatto cenno poco sopra. Non secondario dovrebbe risultare
inoltre il richiamo alla metafisica della musica (intesa come diretto riferimento all’essen-
za del mondo) sviluppata dalla filosofia schopenhaueriana, che identifica in quest’arte la
manifestazione dell’oscura pulsione della «volontà». Impossibile non evocare, di fronte a
simile concetto, la travolgente fluvialità dell’orchestra wagneriana che – secondo la defi-
nizione wagneriana del Tristan come «azioni della musica divenute visibili» –, ‘trascina’ i
due amanti al compimento del loro destino.
Un influsso provenne anche dalla mitologia romantica d’amore, com’è ovvio: meno
ovvio è notare che, poiché l’idea dell’amore nel Tristan è assoluta e totalizzante, essa non
è circoscritta all’aspetto spirituale, ma coinvolge anche quello carnale. Senz’altro perti-
nente è anche il richiamo al retroterra filosofico fondante del romanticismo tedesco:
Tristan ne implica concetti fondamentali come Zerrissenheit (il dissidio, il sentimento pro-
fondo di una lacerazione fra io e mondo) e Sehnsucht (lo struggimento, il ‘male del desi-
derio’, il ‘desiderio infinito’ che, proprio in quanto tale, si appaga del proprio inappaga-
mento: concetto del quale il più diretto traslato musicale è raffigurato nell’ambiguità
armonica – e nella correlativa inesausta tensione – del cosiddetto Tristanakkord).
Epocali furono le conseguenze del Tristano sull’arte, sulla musica, sul teatro, sulla
filosofia, forse persino sulla vita di molti... Da parte sua il compositore ha saputo rispon-
dere alle sollecitazioni concettuali del soggetto con una concezione armonica di sbalordi-
tiva originalità, in cui dominano dissonanze, risoluzioni eterodosse, cromatismi. Con tali
mezzi Wagner si spinge fino a delineare tensioni sonore estreme, paradossalmente ad un
tempo dolcissime e dilaceranti, in più d’un caso di fatto inspiegabili nei termini dell’ar-
monia tradizionale. Poderosa è la mobilitazione delle risorse sinfonico-orchestrali in una
musica fluviale e travolgente che, dei trasgressivi contenuti notturni del Tristan und Isolde,
appare come la sola, e conseguente, possibile espressione.
Virgilio Bernardoni
«EWIG, EWIG EIN»:
INTERIORIZZAZIONE POETICA E AZIONE
MUSICALE IN TRISTANO E ISOTTA

1.
È insita nella materia del Tristano e Isotta una fondamentale radicalizzazione degli oppo-
sti: il senso dell’azione si compendia infatti nella negazione pertinace della volontà di vive-
re e nell’affermazione parimenti persistente della valenza eterna della volontà di amare.
Su questo dualismo, e sul significato anti-sociale di un valore che s’attesta al di là delle
sfere del diritto e della morale, lo stesso Wagner concentra l’attenzione nel riassunto del
dramma:

Il fido vassallo aveva richiesto a nome del proprio re la mano di Isotta, ch’egli stesso, senza
in cuor suo riconoscerlo, amava: e Isotta, che lo seguitava come sposa promessa del di lui
re, era a sua volta irresistibilmente soggiogata dal pretendente per procura. Ma la dea d’a-
more, ingelosita, volle vendicare l’oltraggio, pravamente inflitto ai suoi diritti: mediante un
equivoco ingegnoso, essa induce la giovane coppia a delibare il filtro che, secondo l’uso di
quei tempi, la premurosa madre della sposa aveva distillato per infiammare d’amore il
matrimonio regale, dettato dalla mera politica; nell’ardore amoroso che il filtro ha acceso in
loro, i due giovani riconoscono la passione che indissolubilmente li lega. Si scatena il desi-
derio, la bramosia, la voluttà, la pena dell’amore: il mondo, la forza, la gloria, il fasto, la
cavalleria, la fedeltà, l’amicizia, tutto si dilegua come un sogno evanescente: non sopravvi-
ve altro che il desiderio, lo struggimento, la brama insaziabile e sempre più impetuosa – lo
spasimo, assetato e inestinguibile, unica estrema redenzione – la morte, la consunzione, la
dissoluzione, il sonno perpetuo!

In questo profilo Wagner dedica minima attenzione agli eventi tangibili, i quali sono
riconducibili essenzialmente alle premesse della vicenda (l’attività di procuratore matri-
moniale svolta da Tristano per conto di Re Marke) e all’episodio della delibazione del fil-
tro magico, e fa passare totalmente sotto silenzio gli eventi dell’atto terzo (il ferimento di
Tristano, la sua fuga nella nativa Kareol, l’attesa spasmodica di Isotta, il perdono di Re
Marke). Per contro, egli rileva in modo particolare il processo di redenzione (la salvezza
nella morte, nella consuzione, nella dissoluzione, nel sonno perpetuo) che s’irradia dagli
‘eventi’ che agiscono sull’interiorità di Tristano e Isotta e che è rappresentata nella com-
plessità delle sue implicazioni nel duetto dell’atto secondo.

115

VIRGILIO
Nel dramma la serie fondamentale di opposizioni in relazione di complementarietà
che riguardano il senso del dramma (volontà di vivere versus volontà di amare) e le sue
modalità narrative (azione esteriore versus azione interiore), a sua volta si collega ad una
costellazione di opposizioni che ne sostengono e rafforzano il significato simbolico e la
funzione. Ad esempio, sul piano dell’azione esteriore la riuscita della missione di Tristano
implica la separazione da Isotta – destinata sposa a Re Marke – e tuttavia comporta il riav-
vicinamento tormentoso dei due e l’avvio di quel processo interiore d’identificazione che
è essenziale al compiersi della loro unanime redenzione, l’affrancarsi dalla schiavitù del
giorno e la celebrazione della sublime libertà della notte. E ciò nonostante i precedenti
delle loro relazioni grondino sangue, efferatezze, pulsioni di vendetta represse e laceran-
ti: nell’antefatto Tristano uccide il promesso sposo di Isotta e ne invia alla donna il capo
mozzo; però, nella lotta rimane ferito mortalmente dalla spada avvelenata di lui, è quindi
costretto a rifugiarsi sotto falso nome presso Isotta, la sola in grado di curarlo, la quale lo
riconosce, vorrebbe rendere giustizia all’amato defunto, ma al momento opportuno non
trova la determinazione per trafiggerlo. E, in aggiunta, con la complicazione dell’attra-
zione inconscia tra i due che la vicenda rappresentata farà emergere alla coscienza.
All’inizio del dramma Isotta può così vedere in Tristano l’eroe ad un tempo «perduto» e
«scelto», «audace» e «vile» (atto I, scena 2).
Anche le relazioni tra Tristano e re Marke risultano avviluppate in un intrico di dua-
lismi. Il tradimento di Tristano nei confronti di Marke (lo zio, il re senza prole che ha scel-
to il giovane principe senza terra come amico, figlio adottivo ed erede) valutato col metro
delle leggi e degli usi è colpa grave, che infrange i vincoli dell’amicizia e travalica i limiti
dell’onore e del contegno che la società cavalleresca impone al vassallo: e di questo,
appunto, il re desolato e affranto chiede ragione. Mentre nell’ottica di Tristano, passato
attraverso l’esperienza del filtro e della passione, condotto dalla personificazione dell’a-
more ‘Frau Minne’ sulla via di un destino inesorabile, l’attitudine verso il re è parte dello
svelamento di un arcano inspiegabile, che le creature del giorno e il mondo mai potran-
no conoscere («O re, questo / non posso dirtelo; / e quel che chiedi, / non potrai mai
saperlo»). Ad esse, conscio del divario di conoscenze e di esperienze che li separa,
Tristano non può che rivolgersi con gli occhi pieni di «compassione» (atto II, scena 3).
Insomma, la progettata unione matrimoniale del sovrano e della figlia del re d’Irlanda è
un fatto che riguarda la realtà storica; viceversa, la passione fatale di Tristano e Isotta –
nella sua indifferenza alla realtà – è condizione essenziale della palingenesi del mondo.
Pure un agente cardine della narrazione e dello sviluppo della sua componente inte-
riore e mitica quale il filtro magico possiede in sé tratti marcati di ambivalenza: è la deter-
minazione di bere il filtro di morte a indurre Tristano e Isotta a bere il filtro d’amore; quin-
di, è lo scambio delle pozioni ad opera di Brangania, l’inganno, il rimescolamento delle
carte, la ridefinizione delle posizioni tra apparire ed essere (tutte componenti drammati-
che implicite nella simbologia del filtro), a far emergere alla coscienza dei protagonisti la
passione repressa che da tempo agisce nel loro inconscio. La stessa vicenda personale di
Tristano si svolge sotto il duplice e illusorio influsso del filtro, il quale lo spinge verso l’a-
more eterno, ma fa sì anche che egli non trovi la morte sulla spada di Melot e debba at-
tendere Isotta negli spasimi e nell’angoscia. A questo destino crudele allude la preveggen-
te Isotta: «Ahimè, t’ingannò / il falso filtro, / e ancora una volta / scese la notte; / colui,
che solo bramava la morte, / il filtro donò nuovamente al giorno» (atto II, scena 3).

116
BERNARDONI

«EWIG, EWIG
2.
Il dramma di Tristano e Isotta si svolge dunque sull’asse della duplice polarità di azione
esteriore (sintetizzata nelle tematiche della legge cavalleresca, del costume, del giorno,
della vita) e azione interiore (resa scenicamente visibile attraverso il mare, il filtro, la pas-
sione d’amore, la notte, la morte) e con una dinamica narrativa che comporta un proces-
so di interiorizzazione crescente dell’azione. Tale processo individua nel complesso que-
sto lavoro come forma ‘privata’ del dramma dell’uomo nuovo, libero e redento – che è
mèta costante del teatro wagneriano – laddove, invece, il ciclo dell’Anello del Nibelungo
ne fornirebbe una rappresentazione collettiva e universale. Com’è stato più volte notato,
ciò illumina di una luce particolare il concetto di ‘azione’ (Handlung) col quale Wagner
volle definire la peculiarità drammaturgica del Tristan: si tratta infatti di un agire che
oltrepassa gli eventi visibili e si serve di essi per rivelare l’essenza della condotta degli
uomini.
Pochissimi elementi del dramma hanno a che fare esclusivamente con la dimensione
esteriore e sono quelli che riguardano soprattutto la cornice narrativa o fattori ambienta-
li, come la realizzazione scenica del mare e la caratterizzazione dei marinai nell’atto
primo, oppure la rappresentazione della caccia del re all’inizio dell’atto secondo.
Neppure questi, tuttavia, sono del tutto esenti da ripercussioni nell’intimo dei personag-
gi. La battuta di caccia del re nella cornice della «chiara, deliziosa notte estiva», ad esem-
pio, è un evento scenico determinato unicamente sul piano sonoro, realizzato mediante la
musica dei sei corni posti dietro il fondo della scena che va progressivamente allontanan-
dosi: un effetto di impatto icastico tanto immediato, quanto convenzionale. Isotta, però,
non ne intende il segnale concreto, bensì riesce a percepirlo soltanto come suono di natu-
ra che la riconduce alla metafora dell’acqua e del viaggio per mare e che nell’impeto del
desiderio le annuncia la venuta di Tristano.

Il suono del corno
non echeggia sì dolce,
l’onda ruscellante
della tenera fonte
mormora laggiù sì deliziosa.
La sentiresti forse,
se ancora muggissero i corni?
Nel silenzio della notte,
a me ride solo la fonte.
Chi m’attende
nella notte silente,
vuoi tenermelo lontano
come se i corni suonassero ancora da presso?

Una sostituzione tanto lampante dell’immaginazione interiore al principio di realtà
non sfugge alla musica, che proprio nel momento in cui Brangania ne svela l’illusorietà
(«Dich täuscht des Wunsches» [T’inganna il selvaggio richiamo / del desiderio / di inten-
dere quel che tu sogni. / Sento l’eco dei corni]) trapassa in modo quasi impercettibile
dagli ultimi echi della musica dei corni al disegno ondeggiante di clarinetto basso, violini
e viole.

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EIN»: INTERIORIZZAZIONE POETICA E
AZIONE MUSICALE
IN
TRISTANO E
ISOTTA

VIRGILIO

Modellino del bozzetto scenico di Angelo Quaglio II per la prima assoluta di Tristan und Isolde.
Monaco, Königliches Hof- und Nationaltheater, 1865.

118
BERNARDONI

«EWIG, EWIG
Viceversa, le intromissioni della voce di Brangania nel grande duetto dell’atto secon-
do ed i suoi ammonimenti circa l’incombere del giorno e l’approssimarsi dell’ora del
risveglio agiscono da potenti richiami alla realtà della vita nel momento dell’apologia del
sonno eterno e della morte. Oltretutto, ampliando ulteriormente la gittata di una scena di
per sé estesa oltre ogni limite, proprio gli avvertimenti di Brangania consentono di pro-
lungare il suo arco narrativo entro la scena successiva, fino al punto in cui la realtà del
dramma irrompe davvero nel mondo di sogno di Isotta e Tristano, presentandosi con il
volto inorridito di Re Marke e di Melot che sorprendono i due amanti e suscitando per
reazione l’invettiva convulsa di Tristano: «Fantasmi del giorno! / Sogni del mattino! /
ingannevoli e desolati! / Fuggite via! Sparite!».

3.
La musica del Tristan und Isolde riconosce la propria sostanza poetica e la materia prin-
cipale della propria opera di determinazione del dramma soprattutto nei dualismi narra-
tivi e nelle relazioni sottili che fanno dell’azione esteriore una funzione accessoria alla rap-
presentazione dell’azione interiore. Tanto che, nella Musica dell’avvenire (1860), ragio-
nando intorno al Tristano, Wagner trae le estreme conseguenze del processo d’interioriz-
zazione poetica che presiede alla creazione e alla messa in scena e suggerisce la via dell’e-
vocazione della rappresentazione dall’intimo dello spettatore quale condizione privilegia-
ta per la sua ricezione.

Basta dare un’occhiata alla mole del mio testo poetico per rendersi conto di come nella niti-
da esposizione dei soli motivi interiori della vicenda io abbia riversato quella stessa circo-
stanziata precisione che il poeta d’una materia storica (trascurando i motivi interiori) dedi-
ca alla delucidazione dei nessi esteriori dell’azione […]. La commoventissima vicenda si dis-
piega appieno soltanto ove l’intimo dell’animo la sappia chiamare alla luce: e ai nostri occhi
essa si renderà manifesta così come l’avremo saputa delineare dentro di noi.

L’espressione nella musica dell’intenzione poetica del dramma nel Tristan non può
prescindere dunque dalla dimensione profonda dell’azione, tanto da stabilire con il testo
poetico un rapporto a tratti intermittente, rinunciare a comporre nella componente sono-
ra alcune articolazioni di senso e proporsi come fenomeno puramente musicale. Carl
Dahlhaus, riferendosi al contenuto della lettera di Wagner a Mathilde Wesendonck del 29
ottobre 1854, in cui il musicista svela il «segreto» della propria concezione della forma
musicale, ha individuato la peculiarità compositiva del Tristan nell’«arte della transizio-
ne», ossia nella «tecnica di collegare motivi divergenti senza uno stacco percepibile e crea-
re l’impressione che essi emanino l’uno dall’altro secondo una logica convincente».
Wagner, da parte sua, descriveva tale tecnica come modalità di trapasso progressivo, capa-
ce di regolare anche ciò che è «brusco e repentino», purché «l’animo sia stato tanto accu-
ratamente predisposto alla transizione improvvisa da esigerla esso stesso».
La cosiddetta arte della transizione agisce da principio di costruzione musicale a
vasto raggio nei momenti di maggiore intensità musicale della partitura del Tristan, come
il Preludio all’atto primo, il grande duetto d’amore nell’atto secondo (per Wagner il
«capolavoro supremo nell’arte della transizione sottile e graduale»), il Liebestod di Isotta
nell’atto terzo, là dove è possibile ravvisare anche l’attuazione musicale del processo di

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EIN»: INTERIORIZZAZIONE POETICA E
AZIONE MUSICALE
IN
TRISTANO E
ISOTTA

VIRGILIO
mediazioni tra lato esteriore e lato interiore connaturato al piano narrativo del dramma.
Prendiamo, ad esempio, la parte centrale del duetto, quella che attacca con l’invocazione
alla notte «O sink hernieder, / Nacht der Liebe» [Oh scendi quaggiù, / notte dell’amo-
re]. Nell’economia del duetto «O sink hernieder» rappresenta la parte per così dire can-
tabile, distinta dalla parte dialogica che la precede e da una sorta di quasi-cabaletta dal
ritmo via via più animato, che la segue a partire da «O ew’ge Nacht, / süsse Nacht!» [O
eterna notte, / dolce notte! ]. Nella parte lenta e cantabile del duetto è svolto il tema fon-
damentale del dramma, quello della liberazione dal mondo sancita dall’unione fisica dei
corpi degli amanti, protratta nel delirio dei sensi e, infine, invocata nella suprema comu-
nione della morte. Nel testo poetico e nella musica il ‘cantabile’ si presenta sotto forma di
un dialogo prolungato tra Tristano e Isotta, interpolato da eventi che ne interrompono il
flusso, costituiti questi ultimi dagli ammonimenti della voce di Brangania (episodi distan-
tissimi sul piano tonale da quelli dei discorsi rapiti degli amanti, tanto quanto la voce di
Brangania è separata dalla scena sul piano spaziale) e dall’anticipazione musicale del moti-
vo del Liebestod, che qui si determina nel suo significato ‘poetico’ alla parole di Tristano
«So starben wir, / um ungetrennt» [Così morimmo, / perché, inseparati, / in eterno uniti,
/ senza fine]. Nella parte a due vera e propria gli elementi musicali preminenti sono quel-
li in cui la tradizione analitica riconosce le connotazioni del ‘Sogno d’amore’ dei due
amanti (già presente nelle battute introduttive di «O sink hernieder») e dell’Estasi dei
sensi (proposto per la prima volta in coincidenza con la descrizione di Isotta della sua
congiunzione con Tristano, «Herz an Herz dir, / Mund an Mund» [Cuore sul tuo cuore,
/ bocca sulla bocca]). Questi motivi, che per usare la definizione di Dahlhaus apparten-
gono alla sfera dei «motivi espressivi» del Tristan, quelli che s’incardinano sul lato inte-
riore dell’azione drammatica e sfuggono a determinazioni musicali e a denominazioni sta-
bili, convivono nella parte centrale del duetto con alcuni motivi appartenenti alla sfera
«allegorica», come i motivi del Giorno e della Morte, tendenti all’opposto a tradurre in
figurazioni musicali univoche le allegorie narrative del testo poetico.
Il motivo dell’Estasi (variamente denominato anche come motivo della Pace d’amo-
re oppure motivo del Sopore), in particolare, presenta caratteri e funzionalità drammati-
che singolari. Innanzi tutto, è un caso di elemento drammatico-musicale nato prima del
testo poetico, tanto che lo si potrebbe definire l’idea primigenia del Tristan: Wagner lo
annota in un abbozzo del dicembre 1856, coevo alla lettera a Marie Wittgenstein nella
quale comunica la nuova e irresistibile attrazione per il soggetto del romanzo di Tristano
e Isotta, attrazione che lo distoglie dagli sforzi fin lì compiuti per districarsi nella realiz-
zazione della partitura del Sigfried. In secondo luogo, nella sua connotazione formale, il
motivo dell’Estasi è più un tema che un Leitmotiv. Nella forma completa, che si sente nel
duetto con funzione d’interludio sinfonico tra il primo intervento di Brangania e la ripre-
sa sommessa del dialogo dei due amanti, si presenta infatti come melodia di otto battute,
ripresa e sviluppata secondo criteri di natura esclusivamente sinfonica e poi impiegata al
di fuori del duetto in un solo caso con chiara funzione di reminiscenza motivica.
Nell’episodio che segue la prima interpolazione di Brangania il motivo dell’Estasi defini-
sce la sezione drammatica in cui i due amanti, incuranti degli ammonimenti, si perdono a
vagheggiare il compimento supremo dell’amore nella morte e, quindi, funge da collega-
mento ‘logico’ tra la prima sezione del cantabile e la conclusione del duetto con la quasi-
cabaletta sul materiale musicale del Liebestod. Nel dialogo che attacca con le parole
«Lausch, Geliebter!» [Ascolta, amato!] di Isotta, la melodia dell’Estasi viene però eman-

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BERNARDONI

«EWIG, EWIG
cipata dalla natura ‘poeticizzante’ delle otto battute dell’interludio sinfonico e calata in
una nuova entità ‘prosodica’, di tipo bi-motivico, costituita per la prima metà dalle prime
quattro battute dell’Estasi e nella seconda metà, alla risposta di Tristano «Laß mich ster-
ben!» [Lasciami morire!], dal cosiddetto secondo motivo della Morte (ossia, dal motivo
associato all’idea della morte liberatrice dalle sofferenze del giorno e della vita).
Questa combinazione si mantiene invariata in tutto il corso del dialogo, così che la
‘melodia finita’ dell’Estasi – espressiva del lato interiore dell’azione – vi si attesta in modo
inequivocabile come ‘melodia infinita’ – prodotta dalla congiunzione con un motivo alle-
gorico, realmente determinato come Leitmotiv dal testo poetico e mediante quest’ultimo
predisposta alla dialogizzazione del testo musicale. Inoltre, mantenendo invariate l’asso-
ciazione e la sequenza degli elementi, la nuova entità bi-motivica di «Lausch, Geliebter!»
è sottoposta ad un procedimento musicale di elaborazione che investe la componente del
motivo dell’Estasi, sottoposto a una serie progressiva di varianti, rispettivamente ai passi
«Unsre Liebe?» [Il nostro amore?] e «Stürb ich nun ihr» [Morissi anch’io d’amore] di
Tristano, «Doch unsre Liebe» [Ma il nostro amore] di Isotta e «Was stürbe dem Tod»
[Che morirebbe alla morte] di Tristano. In quest’ultima variante il motivo dell’Estasi
entra in gioco in una nuova doppia entità insieme al motivo del Giorno (nel canto all’in-
terrogativo di Tristano «Tristan der Tod gegeben?» [data a Tristano la morte?]) e quindi
sfocia nell’episodio con l’anticipazione del Liebestod. Si determina così un percorso che
nella sequenza delle varianti segue la logica strettamente musicale dello sviluppo dell’idea
fondamentale dell’episodio, svincolato da una connotazione puntuale del testo poetico.
È un esempio di come nel Tristan – molto più che nei drammi del ciclo nibelungico
– l’avvicendamento dei motivi nel tessuto sinfonico scorra secondo linee frastagliate di
connessione, in cui si rispecchiano le intermittenze logiche e le sottigliezze di dialoghi che
gli interlocutori svolgono sotto forma di flussi dell’intimo e mediante le quali, nello stes-
so tempo, si cala nel tessuto sonoro l’interconnessione dei piani narrativi. Ciò comporta
anche il costituirsi di una rete parallela e indipendente di relazioni musicali. Un caso di
nesso leitmotivico di tipo transitivo nell’àmbito dei motivi connessi con la sfera interiore
è visibile nel collegamento sotterraneo tra il motivo del Desiderio (il frammento di scala
cromatica Sol diesis-La-La diesis-Si che si sente in testa al Preludio e che è parte cospicua
della materia sonora dei primi due atti) e il motivo della Desolazione (il frammento di
scala diatonica Sol-La bemolle-Si bemolle-Do che introduce la prima scena dell’atto terzo
e che è parte significativa del suo materiale sonoro).
I due Leitmotive, che risultano apparentati sul piano della costituzione musicale,
eppure diversi (e quindi non derivati l’uno dall’altro per via di un processo di mediazio-
ne prossimo al principio della variazione), si pongono in una relazione drammatica di
continuità narrativa: il motivo della Desolazione richiama l’attenzione sul risultato ultimo
dell’effetto del filtro, che ha procurato a Tristano un amore incompiuto, non coronato
dalla desiderata eternazione nella morte; un significato che la melodia della canzone del
pastore rinforza in tutta la sua struggente malinconia. A suggerire l’associazione, però,
sono notazioni dei carattere esclusivamente musicale: il carattere aperto dei frammenti
scalari di entrambi i motivi, la sequenza suono lungo-suono breve dell’attacco, l’indugio
sulla penultima nota sotto forma di appoggiatura inferiore.
Sia nel caso del motivo dell’Estasi nel duetto, sia nella relazione non determinata sul
piano poetico tra motivo del Desiderio e motivo della Desolazione siamo in presenza di
«azioni musicali diventate visibili», secondo la definizione che nel 1872 Wagner avrebbe

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EIN»: INTERIORIZZAZIONE POETICA E
AZIONE MUSICALE
IN
TRISTANO E
ISOTTA

VIRGILIO
voluto introdurre per tutelarsi dai fraintendimenti incontrati dal concetto di Musikdrama.
Una definizione che, illustrata nel Tristano dai metodi pendolari di impiego della musica,
crea uno stacco sensibile rispetto alla teoria e alla prassi del Musikdrama, inteso come
azione realizzata attraverso la musica, come risultato della mediazione tra l’intenzione
poetica e l’espressione musicale. La duplice funzione dell’azione musicale – ora determi-
nata nel dramma, ora organizzata in articolazioni formali finite, di senso ambivalente
rispetto al dramma – introduce infatti una nuova situazione nella drammaturgia wagne-
riana: da una parte insinua una possibilità di apertura all’estetica romantica della musica
assoluta; dall’altra, va interpretata come il risultato più significativo dell’appassionata let-
tura de Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer e dell’influsso che
Wagner trasse dalla concezione metafisica della musica in esso espressa. Ma per questa via
la musica del Tristan introduce nel dramma l’ulteriore opposizione tra l’invisibile «volon-
tà» agita dalla musica e la «rappresentazione» visibile, che di essa volontà è un semplice
rispecchiamento: una bipolarità che conferisce giustificazione estetica alla duplicazione
dei piani narrativi che siamo venuti via via illustrando.

4.
Nel duetto dell’atto secondo, un filo sottile lega i passi in cui i due protagonisti si perdo-
no in elucubrazioni sul valore eterno dell’uno, dell’«ein», dell’indissolubile entità psichi-
ca e fisica generata dal vincolo d’amore. Il tema è fatto affiorare da Isotta nell’ondata degli
«impetuosi reciproci abbracci» della parte iniziale («Himmelhöchstes / Weltentrücken! /
Mein! Tristan mein! / Mein un dein! / Ewig, ewig ein!» [Celeste sublime / oblio del
mondo! / Mio! Tristano mio! / Mio e tuo! / In eterno, in eterno insieme!]) ed è quindi
sviluppato nelle riflessioni sulla congiunzione «und» che, nel cantabile, precedono l’anti-
cipazione del Liebestod.
Il passo «Himmelhöchstes» introduce nel testo poetico una struttura dialogica pecu-
liare, basata sullo incrocio e la ripetizione letterale di parole e concetti tra Isotta e
Tristano. Un sequenza dialogica analoga si trova nei due passi della parte centrale del
duetto che seguono le interpolazioni di Brangania e che contengono le risposte elusive
degli amanti agli appelli di quest’ultima («Lausch, Geliebter!» e «Soll ich lauschen?»).
L’idea poetica dell’intreccio delle identità individuali motivato dal desiderio di diventare
una cosa sola in questo caso è realizzata sia sul piano testuale che su quello musicale. Le
sticomitie verbali del primo episodio ritornano infatti in perfetta identità di senso e spes-
so di dettato, ma a parti rovesciate, nel secondo episodio:

I.
ISOTTA
TRISTANO
ISOTTA
TRISTANO
ISOTTA
svegliare Tristano?
TRISTANO
ceda alla morte!

122
Ascolta, amato!
Lasciami morire!
Invidiosa veglia!
Mai destarsi!
Ma deve il giorno
Lascia che il giorno
BERNARDONI
II.
TRISTANO
ISOTTA
TRISTANO
ISOTTA
TRISTANO
ISOTTA
Devo porgere ascolto?
Lasciami morire!
Devo vegliare?
Mai destarsi!
Deve il giorno
destare ancora Tristano?
Lascia che il giorno
ceda alla morte!

«EWIG, EWIG
In entrambi i casi la musica si basa sull’elemento bi-motivico costituito dalla melodia
dell’Estasi e dal motivo della Morte. Dal punto di vista dell’articolazione formale, il
secondo episodio si configura dunque come ripresa variata del primo. Tuttavia, l’ulterio-
re processo di sviluppo del motivo dell’Estasi in esso attuato e la progressiva accelerazio-
ne agogica mediante la quale esso conduce l’intero cantabile del duetto alla quasi-caba-
letta ne fanno una nuova elaborazione e intensificazione del nucleo motivico-drammatico
fondamentale. Col che l’azione musicale divenuta visibile e l’artificio transizionale da essa
attuati si trovano in questo caso motivati dal testo poetico, a sua volta concepito in vista
della realizzazione delle possibilità drammatiche della musica.

5.
Nel Tristan, la sintesi, l’eternamente uno è raggiunto soltanto attraverso l’intreccio ine-
stricabile delle unità di senso, mediante il contrappunto dinamico delle entità motiviche
e dei processi psichici. La verità del dramma è quindi una verità indicibile e Tristano che
ad essa si consacra ne è perfettamente conscio: «La signora del silenzio / mi comanda di
tacere» (atto I, scena 5).
Su questa base Wagner interpreta il soggetto del romanzo medioevale di Gottfried
von Staßburg in una dimensione mitica. In quanto presentazione della sfera del profon-
do, infatti, esso si sottrae alla dinamica dei conflitti umani e ai confini ristretti di ciò che
è storicamente e eticamente determinato: il suo scopo è l’eternità, la dimenzione a-stori-
ca, l’incondizionato. Tristan und Isolde non elabora il dramma dell’onore mortificato da
un amore fuorilegge, bensì si focalizza sul tema essenziale per Wagner della frattura insa-
nabile tra le apparenze della vita diurna e l’assoluta verità mistica della notte, simbolo
della totalità nella quale la forza suprema dell’amore riunisce i singoli individui e li redi-
me dalla finitezza delle loro nature.
Ancor più della morte di Tristano (determinata da un conflitto umano e nell’appa-
renza scenica favorita dalla ferita tangibile infertagli da Melot) è la dolce trasfigurazione
di Isotta sul cadavere di lui a dar forma scenica alla metafora dello smarrimento dell’in-
dividuo e della sua ricongiunzione nel tutto del cosmo, del naufragio «nell’armonia sono-
ra» come conseguimento definitivo dell’assoluto, della felicità, dell’eternità, dell’«ewig
ein». Isotta, in quanto personaggio che vive al di fuori dei confini della morale e che cono-
sce soltanto la legge suprema del proprio destino, reca in sé i segni di questa predestina-
zione. La sublime bellezza del Liebestod, svincolato dall’intreccio con le allegorie motivi-
che delle vicenda esteriore, diventa la metafora sonora del suo conseguimento. La melo-
dia «sì mirabile, sì soave, [...] tutto esprimendo», che «in alto si lancia» è il segno della
voluttà, del superamento dei confini del mondo e del conseguimento dell’infinito.
Con ciò, la musica compie un’ultima azione: la spinta verso l’assoluto imposta a
Isotta dal suo destino d’amore introduce il tema romantico dell’assoluto musicale, fonda-
to sul potere incommensurabile della musica che sola può superare il conflitto io/mondo
e la dualità tra il condizionato e l’incondizionato. Tema che la musica reale del dramma,
con le sue invenzioni combinatorie, la sua inedita sintassi armonica e le sue tensioni tra
una musica socialmente fruibile e una musica dell’ignoto e dell’incommensurabile, schiu-
de alla dimensione simbolistica della modernità.

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