четверг, 2 апреля 2009 г.

Il Teatro La Fenice vanta una lunga consuetudine con Der Ring des Nibelungen, ca-
polavoro imprescindibile e sommo dell’arte drammatica di Richard Wagner. Dopo che
il compositore era morto a Venezia negli appartamenti di Ca’ Vendramin Calergi do-
ve risiedeva, il 13 febbraio del 1883 («Triste! Triste! Triste! Vagner è morto!!!» fu il la-
pidario commento di Verdi), il tenore e impresario austriaco Angelo Neumann volle
iniziare dalla Fenice, in una sorta di omaggio ideale alla città prediletta da Wagner, la
prima tournée al di fuori della Germania del monumentale ciclo. Esso fu dato in prima
rappresentazione italiana e in lingua originale il 15 aprile, a due mesi dal lutto, e di-
retto da una bacchetta prestigiosa come quella di Anton Seidl (se ne leggano qui i re-
soconti nelle cronache dall’archivio di Franco Rossi). Per rivedere un’altra Tetralogia
in laguna bisognerà attendere il 1957, ma intanto i veneziani poterono assistere già nel
1899 alla prima ripresa de La valchiria in italiano che, tra le quattro opere della «sa-
gra scenica» fu sempre quella più amata dal pubblico del nostro paese. E nel 1949 sa-
lutarono il miracolo di Maria Callas che, dopo aver indossato i panni di Brünnhilde l’8
gennaio, dette avvio a una nuova era dell’interpretazione, sostenendo il ruolo di Elvira
dei Puritani il 19 dello stesso mese. Ora la storia continua …
Die Walküre approda oggi in laguna come parte di una nuova produzione del Ring
che il pubblico della Fenice avrà modo di vedere per intero negli anni a venire, dunque
anche questo volume viene concepito come parte di quel tutto. La riflessione di Luca
Zoppelli, che scriverà il saggio introduttivo anche alle tre opere rimanenti, prende qui
avvio dalla constatazione di un dato di fatto sinora piuttosto trascurato dalla critica,
ossia che «i quattro drammi del Ring sono concepiti […] a partire da diversi modelli di
genere letterario» i quali «generano altrettanti tipi di drammaturgia, e di conseguenza
differenti strategie per quanto riguarda le funzioni della musica nel dramma stesso». Se
«Das Rheingold presenta i tratti di un mito, […] Siegfried è organizzato invece come
una fiaba» mentre «la Götterdämmerung ha tutti i tratti dell’opera, ossia – nella for-
ma ‘seria’ del primo Ottocento – di un dramma a scioglimento funesto ove l’eroe so-
cialmente marginale soccombe all’intrigo ordito da un antagonista negativo». Dal can-
to suo Die Walküre «si conforma in buona parte alle teorie idealistiche sulla poetica
del tragico», ed è in questa chiave che lo studioso rilegge la prima giornata del ciclo,
tragedia di Wotan dove la protagonista Brünnhilde è la più affascinante delle trasposi-
zioni, in chiave nordica, dell’Antigone di Sofocle.

8
Nel secondo saggio critico Arne Stollberg prende lo spunto dai rilievi mossi al Wa-
gner ‘teatrante’ anzitutto da Nietzsche e in seguito da Adorno, per tracciare un nuovo
approccio alla gestualità nel Musikdrama, ritenendo che «il gesto, scenico e musicale,
per Wagner non è certo una concessione alla prassi istrionica, ma è al contrario una
componente sostanziale della teoria dell’“opera d’arte dell’avvenire”. E in quanto tale
è proprio un aspetto critico e culturale di considerevole portata, sebbene a prima vista
ciò possa suonare sorprendente». Seguendo un percorso originale, e muovendosi con
agio tra dichiarazioni estetiche e annotazioni di regìa in rapporto alla musica, Stollberg
conclude con un invito motivato a valutare con attenzione l’azione scenica «come que-
sta è di volta in volta iscritta nella configurazione ritmica», poiché «la forma musicale
in Wagner è sempre un derivato della dimensione fisica, la quale viceversa aiuta la for-
ma musicale a conseguire presenza visiva».
La guida all’ascolto ricopre un ruolo particolarmente importante per un lavoro co-
me il Ring, dove l’artefice scatena una fitta rete di motivi conduttori che percorrono l’in-
tero ciclo, con l’intento sia di assicurare continuità al fluire della musica, sia di traccia-
re una sorta di percorso semantico dal mondo mitico del Rheingold fino al mondo degli
uomini, protagonisti della Götterdämmerung. Riccardo Pecci, che curerà i libretti e le
relative guide all’ascolto del Bühnenfestspiel, ci accompagna all’interno del complesso
universo di Walküre, regalandoci molte riflessioni preziose sulla sua drammaturgia mu-
sicale. Il giovane studioso riserva al prosieguo, tuttavia, il commento sul ruolo (impor-
tantissimo) che il tema dell’es. 26 (qui a p. 124) rivestirà per l’intera Tetralogia. Non in-
tendo sciogliere il suo legittimo riserbo (parte anch’esso di una strategia narrativa), ma
solo proporre al lettore l’unico scorcio in cui quel tema, a differenza di tanti altri moti-
vi pressoché onnipresenti, ritorna a suggello dell’intero Ring, quando Brünhilde, priva-
ta della sua natura ‘divina’ fin dalle battute conclusive di Walküre, e dunque donna,
compie l’ultimo gesto d’amore, decisivo, dell’immane ciclo («Im Feuer leuchtend, / liegt
dort dein Herr» – «Tra fuoco rilucente / là giace il tuo signore»):

Glorificazione di Brünnhilde
Fl., Ob.

poco
Motivo di Sigfried

Un’avventura lunghissima si chiude qui, dove la melodia della protagonista s’unisce in
contrappunto a quella dello sposo Siegfried, figlio dell’amore che si era acceso nel fi-
nale primo di Walküre tra Sieglinde e Siegmund, quando lo sfortunato eroe si era ri-
volto nell’estasi alla sorella-sposa, dopo che la tempesta iniziale improvvisamente era
scomparsa: «vedi, la primavera / sorride entro la sala!». Un lungo arco denso di even-
ti e di significati, tracciato fra la prima e la terza giornata nel segno dell’amore.
Michele Girardi
Tr. II
MICHELE
GIRARDI

William T. Maud (1865-1903), La cavalcata delle valchirie. Olio su tela.
Peter Nicolai Arbo (1831-1892), La caccia selvaggia di Odino. Olio su tela. Oslo, Nasjonalgalleriet.

Ferran Roca Bon (n. 1940), Wotan. Olio su tela. Da un disegno di Ferdinand Leeke (1859-1937).


Drammaturgia tragica, disobbedienza civile e
utopia dell’opera

Fra gli obiettivi più tenacemente perseguiti dalla poetica romantica v’era quello di ra-
dere al suolo – come un’odiata prigione intellettuale – l’intero sistema dei generi eredi-
tati dalla tradizione. In certi casi si andò effettivamente verso una sorta di tabula rasa
su cui lasciar fiorire l’arte nuova: più spesso si trattò di una riorganizzazione certamen-
te energica, ma non tale da cancellare i lineamenti del paesaggio mentale preesistente.
Lineamenti che non solo rimasero riconoscibili, ma continuarono a costituire dei pun-
ti di riferimento per orientare la percezione estetica. In fondo, nel celebre frammento
116 dell’«Athenaeum», Friedrich Schlegel aveva invocato una «poesia universale pro-
gressiva» il cui scopo sarebbe stato quello di «unificare tutti i generi separati» – non
certo di buttarli a mare. Concepito una cinquantina d’anni dopo, Der Ring des Nibe-
lungen ci appare oggi come una delle massime realizzazioni di quel sogno, di quella vo-
lontà di forgiare una costruzione inaudita grazie alla combinazione di modelli di gene-
re ben riconoscibili, ma coordinati in un organismo superiore che ne trascende il senso:
una chiave di lettura (fra le innumerevoli altre che si possono applicare a questo capo-
lavoro affascinante e prismatico) che dovrebbe aiutarci alla comprensione del monu-
mentale testo wagneriano e dei suoi meccanismi.
I quattro drammi del Ring sono concepiti – diversi commentatori v’han fatto cen-
no, ma in modo impreciso e senza soffermarsi sulle implicazioni drammaturgiche e mu-
sicali di una tale prospettiva – a partire da diversi modelli di genere letterario. Das
Rheingold presenta i tratti di un mito, ovvero di una narrazione atta a spiegare gli even-
ti originari che hanno conferito al mondo la sua configurazione attuale (oppure, nel no-
stro caso, quella che ritroviamo nei drammi seguenti). Die Walküre – ci torneremo – si
conforma in buona parte alle teorie idealistiche sulla poetica del tragico; Siegfried è or-
ganizzato invece come una fiaba (percorso iniziatico fondato sul superamento di pro-
ve al cospetto di antagonisti e collaboratori di varia natura). Infine la Götterdämme-
rung – non a caso concepita per prima, e intesa all’inizio come dramma autonomo –
ha tutti i tratti dell’opera, ossia – nella forma ‘seria’ del primo Ottocento – di un dram-
ma a scioglimento funesto ove l’eroe socialmente marginale soccombe all’intrigo ordi-
to da un antagonista negativo. Questi quattro modelli generano altrettanti tipi di dram-
maturgia, e di conseguenza differenti strategie per quanto riguarda le funzioni della
musica nel dramma stesso. Costituiscono i momenti parziali, gli strumenti d’espressio-
ne di una visione del divenire universale che non si risolve in alcuno di essi: giacché in
Luca Zoppelli
Antigone nel Walhall: Die Walküre.

12
ciascuno si esplica una logica imperfetta, una ‘forma’ dei rapporti umani destinata al
fallimento.

I
Affermare che Die Walküre è una tragedia potrebbe apparire banale, se non fosse ne-
cessario ricollocare questo termine, oggi abusato, nei giusti confini del suo significato
storico-letterario e filosofico. La grandiosa opera di riflessione svolta dai protagonisti
dell’idealismo tedesco, come i fratelli Schlegel, Schiller e Hegel, aveva definito in modo
molto preciso, a partire dai modelli classici, l’essenza del tragico: concetto complesso,
e ben distinto dal semplice ‘funesto’ che caratterizza anche il dramma borghese (per
un’analisi della questione si legga il magnifico Saggio sul tragico dello storico della let-
teratura Peter Szondi). Secondo questa concezione, i cui fondamenti risalgono alla stes-
sa Poetica d’Aristotele, non è tragica la semplice rappresentazione di un conflitto fra
avversari e del suo scioglimento funesto, meno ancora quella di uno scioglimento in-
giusto dovuto ad un arbitrio, uno squilibrio di potere: il topos dell’eroe nobile, inno-
cente e perseguitato, così tipico dell’opera romantica tradizionale, deriva infatti dal mo-
dello ‘domestico’ del dramma borghese, con i suoi potenti, inevitabilmente perfidi, e i
suoi innocenti, inevitabilmente oppressi, e non può essere propriamente definito ‘tragi-
co’. Tragica è invece la situazione dialettica che vede i protagonisti avviluppati in un
groviglio d’istanze morali contrapposte, tutte in qualche modo valide, ma inconciliabi-
li; tragica è la situazione in cui il personaggio affonda in una crisi inestricabile a causa
delle proprie contraddizioni, ed ogni mossa da lui tentata per uscirne non fa in realtà
che radicalizzare la crisi (ironia tragica). Il riconoscimento finale di questo scacco con-
cettuale e la libera accettazione, da parte dell’eroe, dell’annientamento che ne consegue
sono, secondo Schiller, la vera fonte della purificazione morale che il tragico emana.
Wagner (lo dimostrano i suoi scritti giovanili su Norma, una delle rare opere del-
l’età romantica a fondarsi su una concezione classicistica di stampo tragico) era ben
consapevole di questa problematica drammaturgico-filosofica. D’altronde, se il suo ba-
gaglio estetico e ideologico è a grandi linee quello dell’età romantica, non si può far a
meno di notare in quanta misura partecipi all’«entusiasmo per l’Ellade» pure diffuso
nella cultura tedesca del suo tempo (cristallizzato, fra l’altro, nella morfologia del Fest-
pielhaus di Bayreuth). Lo prova il rispetto che egli mostra, in genere, verso alcuni prin-
cipi drammaturgici della tradizione classicistica: classica è infatti la struttura del Ring,
un prologo e tre giornate; classico è l’attenersi, per quanto poteva permetterlo la mate-
ria drammatica debordante, ad una certa unità di tempo e luogo all’interno dei singo-
li drammi e soprattutto degli atti. Classico infine è l’intrigo del ciclo qualora lo si vo-
glia vedere dal punto di vista di quello che ne è forse il personaggio principale,
certamente il ‘motore’: il dio Wotan. Per dirla con Nietzsche:
Nel Ring des Nibelungen l’eroe tragico è un dio il cui animo è assetato di potenza, e che, per-
correndo tutte le vie per ottenerla, si lega con patti, perde la sua libertà e viene implicato nella
maledizione che pesa sulla potenza […]. Finalmente egli è preso dalla nausea per la potenza, che
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE

Mariano Fortuny i Madrazgo (1871-1949), Siegmund e Sieglinde. Tempera su tela. Venezia, Palazzo Fortuny.
NEL
WALHALL: DIE
WALKÜRE
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14

Eugène Grasset (1841-1917), Frontespizio dello spartito publicato da Schott. Parigi, Bibliothèque-Musée de
l’Opéra.
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE
porta in grembo il male e la schiavitù, la sua volontà si spezza, egli stesso desidera la fine che
incombe da lontano. E solo ora accade ciò che prima aveva tanto desiderato: appare l’uomo li-
bero e senza paura.
La concezione tragica del personaggio di Wotan, in effetti, è del tutto evidente. Nel-
l’antefatto mitico (che ci vien solamente raccontato), il dio ha divelto un ramo dal
«frassino del mondo» per farne la lancia su cui fonda la propria potenza (egli la usa,
ad esempio, per infrangere la spada magica di Siegmund, ma anche per evocare lo sfug-
gente Loge, dio del fuoco, affinché circondi di fiamme la rupe). Una potenza condizio-
nata, giacché sulla lancia sono incise le «rune» (le leggi, i patti) che regolano il mondo:
Wotan ne è divenuto signore, ma a condizione di farsi garante e difensore dei patti. Per
uscir di metafora: con quest’atto di violenza nei confronti dello «stato di natura» ori-
ginario, Wotan ha creato una società contrattuale, uno stato nel senso politico del ter-
mine, su cui esercita sì un potere, ma nei limiti appunto del sistema contrattuale. Ce-
dendo alla tentazione di assolutizzare il proprio potere, si è fatto costruire la rocca che
ne costituisce l’emblema, ed ha promesso in cambio qualcosa che non potrebbe dare
(Freia, dea dell’amore e garante dell’immortalità degli dei); poi baratta il compenso
promesso con un altro (l’anello), sottratto con la frode ad Alberich; cosa che apparen-
temente non presenta problemi, dato che a sua volta Alberich ha rubato l’oro, con cui
s’è forgiato l’anello, alle profondità del Reno (ancora un atto di violazione dello stato
di natura). A breve termine – entro un orizzonte per così dire politico –, la questione è
risolta, ma in effetti il male che si è scatenato a mezzo di queste lacerazioni dell’inno-
cenza primigenia percorre ormai il mondo: l’anello che dorme momentaneamente sot-
to la pancia del drago (ex gigante) Fafner potrebbe sempre finire in mani pericolose.
Wotan sa che bisogna recuperarlo, ma non può farlo direttamente (lui che l’ha dato in
pagamento a Fafner) senza infrangere quelle norme su cui fonda il proprio potere. Col-
tiva dunque l’illusione di generare una razza di eroi ‘liberi’, svincolati dalla legge, che
rimettano a posto le cose nella direzione che a lui è preclusa. Nobile intento, ma con-
traddittorio, giacché è pur sempre lui, Wotan, che li ha creati e che ha preparato tutte
le condizioni perché possano impunemente infrangere le leggi: cosa che la sua sposa
Fricka, nume tutelare della legalità familiare, può agevolmente rinfacciargli nel penoso
contraddittorio all’inizio dell’atto secondo di Walküre. Le contraddizioni inerenti al si-
stema contrattuale, dunque, si rivoltano contro colui che credeva di gestirle: il tentati-
vo di preservare il mondo dalla maledizione dell’anello fallisce, ed egli si vede obbliga-
to a sacrificare la creatura che ama, il figlio Siegmund. Questo primo sacrificio, che
dovrebbe almeno ristabilire una legalità formale, scatena la ribellione – un vero e pro-
prio atto di disobbedienza civile – della valchiria Brünnhilde, anch’essa da Wotan ge-
nerata, e lo obbliga ad un secondo, ancor più grave sacrificio, quello di punire atro-
cemente e allontanare da sé la figlia amatissima. Altrettanto rispettoso dei dogmi
idealistici appare il plot di Walküre per quel che riguarda le relazioni interpersonali. Il
conflitto che oppone Fricka a Wotan, e poi lo stesso Wotan (passato, suo malgrado, dal
lato opposto della barricata) a Brünnhilde, è quello fra legalità e giustizia (amore, au-
NEL
WALHALL: DIE
WALKÜRE
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16
tenticità umana): un conflitto, dunque, fra istanze tutte latrici di una certa legittimità.
Ecco perché – a differenza degli altri segmenti del ciclo – non vi sono nella Walküre
personaggi moralmente negativi: manca del tutto quell’ingrediente fondamentale del
dramma romantico-borghese che è il vilain (neppure Hunding – che pure non è certo
presentato in modo da suscitare simpatia – è tale: egli incarna le odiose norme ‘socia-
li’, il matrimonio come possesso, l’odio verso gli outsiders, ma lo fa in corretta buona-
fede; il suo senso di lealtà è talmente sviluppato che anziché trucidare il nemico inerme
gli offre ospitalità per una notte sotto proprio tetto, venendone ripagato – almeno dal
suo punto di vista – in modo indubbiamente odioso …).
Già Aristotele sottolineava come la tragedia, in quanto genere, avesse un carattere
politico: i suoi protagonisti sono persone di altissima condizione e responsabilità socia-
le, le loro vicende hanno ricadute ‘pubbliche’, e l’intreccio è spesso motivato da un di-
battito sulle norme della vita collettiva. Ora, l’abbiam visto, Die Walküre è un caso di
meccanismo tragico addirittura paradigmatico, e al tempo stesso una straordinaria
analisi dei limiti di un agire politico condotto nel quadro degenerato della società con-
trattuale: destinato sempre e comunque allo scacco. Nella concezione wagneriana, nu-
trita di pensiero anarco-socialista utopico e di rousseauianesimo – e segnata, intorno al
1850, dal fallimento delle rivoluzioni europee – «politica» è una brutta parola: è il se-
gno di un sistema di rapporti umani basato sulla frode e sulla separazione dell’intellet-
to dall’amore e dal sentimento. Nel sistema tracciato, non senza incertezze e confusio-
ni, dagli scritti zurighesi contemporanei alla gestazione della Tetralogia (L’opera d’arte
dell’avvenire, Opera e dramma, Una comunicazione ai miei amici), Wagner schizza
l’opposizione netta fra due galassie concettuali. Quella ‘maschile’ include la razionali-
tà, il finito, la brama di potere, la legge, la politica, l’artificiosità delle costruzioni so-
ciali, il logos, la determinazione semantica, dunque (a livello estetico) la poesia, il dram-
ma parlato, la tragedia. Il principio femminile privilegia l’intuito, l’espressione
dell’indefinibile, la spontaneità della natura, l’amore; si esprime attraverso la musica.
Se è vero che (come argomenta un bel libro di Jean-Jacques Nattiez) Wagner aspira ad
una sorta di riunificazione ‘androgina’ dei due principi, è altrettanto chiaro che il pri-
mo polo gioca, nel suo pensiero, un ruolo negativo, il secondo un ruolo positivo e di
‘redenzione’. In quanto ‘tragedia di Wotan’, Die Walküre ha il compito di illustrare il
vicolo cieco, la situazione inestricabile in cui s’è cacciata la storia universale per colpa
della brama di potere e del calcolo politico. Prima che qualcuno – pagando di persona
– abbia il coraggio di rimetterla in moto nella direzione opposta.

II
Il principio costitutivo del Musikdrama è, come tutti sanno, quello di riavvicinare l’ope-
ra al dramma parlato tramite la dissoluzione delle forme chiuse e simmetriche in un re-
citativo-arioso modellato sulla parola, ricco d’informazioni e semanticamente preciso,
mentre la dimensione musicale si concentra soprattutto nel flusso ‘sinfonico’ del com-
mento orchestrale e dei suoi Leitmotive. Il logos del dramma, la sua dimensione seman-
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE
tica e concettuale, vengono così rivalutati e annessi alle province del teatro musicale più
di quanto non lo fossero mai stati in precedenza. Al tempo stesso il sistema su cui si
fonda la logica del discorso musicale wagneriano, quello dei Leitmotive (il termine non
è di Wagner, ma è ormai ingrediente inestirpabile della terminologia analitica), rappre-
senta uno strumento eccezionalmente flessibile. Questi motivi, di regola, sono cellule
brevi e pregnanti, atte ad essere ripetute, dislocate in progressione, combinate, per co-
stituire le tessere di un flusso musicale continuo. Oltre a ciò essi hanno, come sappia-
mo, un valore semantico: vengono associati a concetti, personaggi, oggetti, atteggia-
menti. Si tratta però di una semantica complessa: da un lato vi sono affinità più o meno
chiare fra motivi associati a referenti diversi (che appaiono quindi come elementi di una
costellazione semantica); dall’altro il motivo associato ad un solo referente può torna-
re, secondo il contesto drammatico, in forma anche profondamente diversa, sino a sem-
brare un ‘altro’ motivo. Per questa ragione un vero e proprio ‘catalogo dei Leitmotive’,
che pur molti si son provati a fare, è difficile da stendere: da un lato infatti si potrebbe
considerare ogni variante di rilievo come un motivo a sé (e allora la lista si farebbe ster-
minata); dall’altro si potrebbe ricondurre l’intero fondo motivico ad una manciata di
modelli di base. La classificazione non è tuttavia il nostro fine: ciò che importa vera-
mente è il significato drammaturgico delle strategie di trattamento. La ripetizione esat-
ta o poco variata di un motivo servirà, da un lato, a sottolineare il suo carattere di ele-
mento ‘fisso’, naturale, di ‘oggetto’ (si pensi a quello della spada); dall’altro a fondare
il senso di un universo mitico, ciclico, basato sul ritorno del sempre uguale, e a sugge-
rire un modo arcaico, «formulaico» di raccontare (come nei poemi omerici ove certe
espressioni si ripresentano periodicamente invariate). Viceversa, il gioco delle varianti
rispetto ad una configurazione di base conferisce alla drammaturgia un carattere rifles-
sivo e dialettico: si evidenziano i legami fra concetti apparentemente diversi, si rende
udibile la derivazione di un fenomeno da un altro, si smascherano le contraddizioni in-
terne dei personaggi e delle loro posizioni.
Se l’obiettivo era quello di riavvicinare il teatro musicale alla tragedia, con la sua di-
mensione concettuale e raziocinante, il sistema dei Leitmotive, in questa sua variante
complessa e riflessiva, ne rappresentò la necessaria premessa tecnica. Non è dunque
sorprendente constatare come il più formidabile viluppo di motivi imparentati e diffe-
renziati dell’intera Tetralogia si trovi associato a Wotan, il personaggio che riflette, il
dio ‘politico’ irretito nelle contraddizioni della sua gestione del sistema di potere, e si
esplichi in particolare nella Walküre, la tragedia in cui Wotan si scontra con la propria
inestricabile contraddizione.
Il peccato originale, l’abbiam detto, fu quello di violentare lo stato di natura per
trarne un «mondo dei patti», un sistema politico-contrattuale: quello cioè di mutilare
il Frassino del Mondo per trarne la Lancia su cui sono incise le Rune. Wotan, a ben
guardare, non ha un motivo ‘suo’: gli elementi musicali che lo rappresentano sono va-
rianti di questo della Lancia, simbolo del suo potere condizionato, oppure di quello del
Walhall, segno del prestigio del potere (ironicamente ma non troppo, il dio acquisterà
un motivo ‘personale’, non ‘istituzionale’, solo quando girerà il mondo nelle vesti di-
NEL
WALHALL: DIE
WALKÜRE
17

18
messe del Viandante, del semplice osservatore ‘privato’ degli eventi). Come spesso in
Wagner, questo motivo (cfr. es. 1a) è di carattere iconico (visto sulla carta, sembra illu-
strare la lancia stessa in posizione inclinata, con la punta verso il suolo); sul piano
semantico esso esprime energia, risolutezza e rigidità. Combinando diversamente, ripe-
tendo o invertendo i suoi elementi costitutivi (il carattere di scala discendente, l’omo-
geneità ritmica introdotta da una nota lunga e arricchita da un nucleo di ritmo punta-
to) Wagner trae una folla di motivi tutti legati a Wotan (se ne veda una scelta
nell’esempio 1), da cui appare chiaramente che questa lancia è fonte, al tempo stesso,
del suo potere e della sua tragica impotenza. Il dio, evidentemente, ha la facoltà di sca-
tenare delle tempeste (es. 1b) e di spingere alla magione di Sieglinde un personaggio,
Siegmund, che egli stesso ha generato (es. 1c); ma dal momento che Fricka, utilizzan-
do proprio il motivo della Lancia, pretende da lui il rispetto della legge e la morte di
Siegmund, Wotan sprofonda in uno stato di depressione (es. 1d) o di violenta dispera-
zione (es. 1e). A questa schiavitù della Legge Brünnhilde si ribella, rivendicando la le-
gittimità di ciò che ha fatto attraverso due varianti in cui l’inesorabile linearità della
Lancia è simbolicamente spezzata da una serie di trasposizioni all’ottava superiore (ess.
1f e 1g): e sotto il segno di questa variante verrà sancita, in forma di grande perorazio-
ne orchestrale, la commossa riconciliazione fra padre e figlia, giusto prima che la puni-
zione di Brünnhilde si compia. Punizione severa, ma non così tanto che il sonno della
vergine non sia schermato dal potere del padre, ovvero da una variante che assume le
forme di un ipnotico accompagnamento di berceuse (es. 1h). La relazione musicale fra
identità e contrasto, la parentela fra opposti, chiariscono i legami causali fra i diversi
momenti dell’intrigo e rendono udibile il carattere dialettico, paradossale della dram-
maturgia tragica, nella quale il personaggio è irretito dalla natura duplice e contraddit-
toria dei propri atti e della propria stessa situazione. In quanto tragedia di Wotan, Die
Walküre vince l’ardua scommessa di piegare la semantica musicale all’espressione di un
gioco di argomentazioni razionali fondato sulla ragion politica; tuttavia, nel ‘senso’
complessivo del ciclo, la ragion politica è una strategia senza via d’uscita, su cui non si
potrà mai costituire una più alta forma d’umanità.

III
Dall’impasse, secondo il Wagner rivoluzionario-utopista del 1850, non è dunque possi-
bile uscire che sovvertendo radicalmente il sistema: sostituendo alla legge contrattuale
quella del sentimento non condizionato, la legge dell’amore. Rovesciamento che nell’an-
tropologia wagneriana non può che venire da una figura femminile, del tutto estranea
al sistema di potere dell’universo maschile: nell’impianto del Ring questa figura è Brünn-
hilde, figlia amata e ‘braccio armato’ della volontà di Wotan, che d’un tratto, conscia-
mente, decide di disobbedire, e ottiene così di salvare il germe dell’utopia di rinascita,
quell’eroe appena generato che matura nel grembo di Sieglinde.
La strategia di Wagner consiste in genere nell’utilizzare una materia letteraria di ma-
trice nordica, piegata però alle problematiche e ai modelli drammaturgici della cultura
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE
ESEMPIO 1*
a. III.3, p. 678

Trbn., Tuba
b. Vorspiel, bb. 1-2, p. 7

5

12 Vlc., 4 Cb.
c. I.1, p. 18

Vlc., Cb.
d. II.1, p. 234

Fag., Cl.B., Vlc.
e. II.2, p. 236

3

3

Fag., Vlc.
f. III.3, p. 598

Cl. B.
g. III.3, p. 599
Brünnhilde

War
h. III.3, p. 668

Vlc.

* Gli ess. musicali, trascritti in suoni reali, sono tratti da RICHARD WAGNER, Die Walküre, Leipzig, Peters, s.a.
[1910]; rist.: New York, Dover, 1978 (partitura d’orchestra).
NEL
Stürmisch
Etwas langsamer
Etwas langsam
Langsam
WALHALL: DIE
Immer belebter
es
so
schmäh
lich,
WALKÜRE
was
ich
dim.
ver
brach, daß
mein Ver
bre
chen
so schmählich
du
be
strafst?
19
Mäßig bewegt

20
classica (si pensi solo alla figura di Fricka: volendo rappresentare in essa il côté benpen-
sante dell’era borghese, decise di attribuirle caratteri del tutto estranei alla dea della mi-
tologia germanica, desumendoli dalla figura che ad essa corrisponde nell’immaginario
classico, Hèra/Giunone, sposa sempre accigliata e gelosa di Zeus/Jupiter). Ora, non c’è
dubbio che Brünnhilde sia una trasposizione nordica della figura che Wagner ammira-
va di più nella tradizione letteraria antica, quella di Antigone. L’eroina sofoclea, nella
lettura di Wagner, disobbedisce coscientemente alla legge dello stato e segue l’etica del
sentimento dando sepoltura al fratello Polinice ucciso nel corso della guerra civile: un
atto che le costa la vita, ma il suo sacrificio ha come conseguenza la dissoluzione del-
l’intero organismo politico tirannico, dello stato contrattuale. In Opera e dramma, va-
sto scritto teorico che accompagna la gestazione del ciclo del Ring, Wagner si sofferma
a lungo su questo testo capitale del teatro antico, usando accenti che rinviano inequi-
vocabilmente alle tesi (e al tono esaltato) della Tetralogia:
Antigone non capiva nulla di politica: ella amava. Amava Polinice perché era suo fratello? No,
lo amava perché egli era infelice e solo la suprema forza d’amore poteva redimerlo dalla sua
maledizione. […] Antigone disse ai pii cittadini di Tebe: […] ora condannatemi, poiché agisco
per puro amore verso l’essere umano; e sarà colma la misura della vostra malvagità. Ed ecco:
la maledizione d’amore di Antigone distrusse lo Stato! […] O santa Antigone, ora t’invoco!
Agita la tua bandiera, affinché sotto di essa noi distruggiamo e redimiamo!
Al suo apparire (inizio dell’atto secondo) Brünnhilde non ha un profilo musicale au-
tonomo: la sentiamo intonare (cfr. es. 2) il generico grido di guerra delle valchirie, per-
dipiù disumanizzato dall’innalzamento cromatico della quinta, che ne fa una sorta d’in-
quietante alieno al servizio del padre (meglio: un’estensione della sua volontà, come lo
stesso Wotan dirà poi):
ESEMPIO 2 – II.1, pp. 185-186
Brünnhilde

Ho
La sua vera presa di coscienza, lo sviluppo dell’identità, avviene a contatto con l’uma-
nità di coloro che, nell’atto primo, hanno osato infrangere tutte le norme sociali per
darsi alla pienezza dell’amore: Siegmund e Sieglinde. La grande scena dell’annuncio di
morte non è solo una delle più alte e commoventi del teatro musicale di tutti i tempi: è
anche la principale peripezia (nel senso classico del termine: rovesciamento decisivo
della situazione drammatica) del ciclo. L’inviata del dio viene a Siegmund per annun-
ciargli che morrà in battaglia e che verrà assunto al Walhall con gli altri eroi. Si sente
rispondere che, se questo vuol dire separarsi dalla donna amata, lui ci rinuncia volen-
tieri; afferra d’un colpo la potenza e la verità profonda di questa logica ‘altra’, quella
dell’amore; decide (pur conscia di ciò che potrebbe costarle) di passare alla ‘disobbe-
dienza civile’. Straordinaria parafrasi alla rovescia dell’Annunciazione: ove l’essere
umano dà testimonianza del vero, e l’angelo apprende. Due motivi mai uditi prima (se-
jo
to
ho!
Ho
jo
to
ho!
Hei
a
ha!
Hei
a
ha!
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE
gno ovviamente dell’importanza dello snodo drammatico) innervano il passo: il secon-
do, una sorta di corale, è specifico di questa scena (es. 3b), l’altro è invece destinato a
divenire uno dei principali motivi ricorrenti del ciclo, usato sempre in rapporto alla co-
stellazione semantica morte-distacco-destino (3a).
ESEMPIO 3
a. III.4, p. 329
Sehr feierlich und gemessen

Tube T.

Tuba B.

Tuba Cb.
b. III.4, p. 329
Tr.II, Tr. B., Trbn. I

Trbn. III e III, Trbn. B., Trbn Cb.

Una caratteristica che li accomuna è, per così dire, il loro segno interrogativo, aperto:
entrambi si arrestano su una settima di dominante, senza risolvere (la prosecuzione del
discorso avviene poi, per progressione, su altri piani tonali). La tensione quasi intolle-
rabile che promana da questa scena è dunque una tensione dell’attesa, e al tempo stes-
so un presagio del fatto che la storia del mondo, qui, sta per prendere una direzione di-
versa: l’angelo venuto a riferire solennemente la decisione dei numi perde le proprie
certezze, il futuro diviene un immane interrogativo – la storia ha cambiato direzione,
che ne sarà mai degli dèi e degli uomini?
Se la scena fra Brünnhilde e Siegmund rappresenta il nucleo interno della peripezia,
questa si prepara e si compie grazie a due altre eruzioni dell’‘etica amorosa’: il compimen-
to dell’attrazione erotica fra i gemelli velsunghi nell’atto primo (affermazione dell’amore
sulle regole sociali) e il consentimento di Wotan a circondare Brünnhilde dormiente con
un cerchio di fiamme (grazie al quale la punizione, pur restando formalmente tale, divie-
ne promessa di un’unione sublime con l’eroe senza paura: in fondo, una trasgressione al-
le regole anche da parte di Wotan, che infatti, a partire da questo momento, rinuncerà ad
agire e si limiterà a seguire il corso degli eventi). Ora, a nessuno sfuggirà che questi due
nodi coincidono con due momenti fra i più intensi musicalmente, e al tempo stesso fra i
più inconsueti stilisticamente, dell’intera Tetralogia: il canto d’amore primaverile di Sieg-
mund «Winterstürme wichen dem Wonnemond» e l’addio di Wotan «Der Augen leucht-
endes Paar», due ‘arie’ che contano fra i momenti più celebri dell’arte di Wagner (e an-
NEL
WALHALL: DIE
Tp.
3
WALKÜRE
3
21

22
che fra i più eseguiti e incisi sotto forma di estratti da concerto). Il termine ‘aria’ si giusti-
fica qui grazie alla struttura periodica, coerente e simmetrica, del discorso melodico affi-
dato alla voce, e alla sostanziale autonomia di questi blocchi rispetto al flusso sinfonico
circostante, caratterizzato dall’intreccio dei motivi. In questi momenti, la macchina con-
cettuale del Musikdrama si arresta per lasciare spazio ad un calcolato ritorno all’estetica
dell’opera italo-francese di conio tradizionale.
La cosa può apparire meno sorprendente se si tien conto che, in Wagner, l’intreccio
fra pensiero politico-filosofico e pensiero estetico non manca mai di provocare qualche
crepa concettuale (magnifica e fortunata crepa, dal punto di vista della qualità musica-
le) nell’impianto della sua poetica. Come abbiam detto sopra, la concezione filosofica
accettata da Wagner contempla una dicotomia fra galassia ‘maschile’ (politica, razioci-
nio, logos, dunque: dramma parlato e tragedia) e femminile (intuito, espressione del-
l’indefinibile, natura, amore: musica). È vero, come si ricordava poc’anzi, che Wagner
teorico dell’opera spingeva per orientare il teatro musicale verso il polo della tragedia,
del logos e della precisione concettuale: ma questo stesso logos è, dal punto di vista an-
tropologico, l’espressione di quel principio ‘maschile’ che Wagner pensatore voleva ve-
der superato in favore della musica, del sentimento, del ‘ritorno alla natura’. In fondo
egli partecipa qui di quella contraddizione, presente anche nelle riflessioni coeve sul ge-
nere del poema sinfonico, secondo cui i romantici salutano nella musica la più alta –
perché metafisica, istintuale e non imitativa – delle arti, ma aspirano al tempo stesso a
conferirle una più ricca dimensione semantica, concettuale e letteraria. Il che finisce per
generare una sorta di paradosso: Wagner teorico e ‘storico’ del teatro, che tanto si è
sforzato per riavvicinare l’opera alla tragedia, è costretto infine a trattare quest’ultima
come se aspirasse a liberarsi dal suo carattere razionale e logocentrico, a ‘redimersi’,
mediante una riappropriazione dello status di opera. Per dirla in soldoni: la dimensio-
ne logica, semantica e concettuale del Musikdrama, e dunque tutto ciò che lo avvicina
alla tragedia, van benissimo fintantoché si tratta di descrivere le contraddizioni inestri-
cabili della ragion politica, lo stato degenerato della società contrattuale. Quando pe-
rò si deve far balenare un mondo dell’utopia, del sentimento e dell’amore, allora biso-
gna pur tornare alla musica «assoluta», alla musica che deduce autonomamente le
proprie logiche costruttive – alla trascendenza insomma del modello operistico. Cosa
che Wagner (ammiratore appassionato e quasi discepolo dichiarato, persino in tarda
età, della melodia belliniana) all’occorrenza sa fare benissimo.
L’impianto della Walküre, alla fin fine, si fonda su questa tensione: perfetta ed ine-
guagliata tragedia in musica – ma espressione in quanto tale di una dialettica sociale
senza via d’uscita – essa lascia aperti degli spiragli di redenzione (senza i quali il segui-
to del ciclo non sarebbe concepibile!) ammiccando proprio a quel genere dell’opera da
cui il suo autore affermava di aver preso le distanze. Come sempre in Wagner, il prag-
matismo del grande drammaturgo musicale è più forte dell’astrazione dell’ideologo.
LUCA
ZOPPELLI

ANTIGONE

NOTA BIBLIOGRAFICA
La lettura condotta in queste pagine si fonda innanzitutto sulle analisi della drammatur-
gia wagneriana, tuttora insuperate, condotte da CARL DAHLHAUS, e fortunatamente ac-
cessibili, nelle loro linee essenziali, anche al lettore italiano: La concezione wagneriana
del dramma musicale [Regensburg, 1971], Fiesole, Discanto, 1983, e I drammi musica-
li di Richard Wagner [Hannover, 1971], Venezia, Marsilio, 1984 (il tutto da integrare
con: FRANCESCO ORLANDO, Proposte per una semantica del Leit-Motiv nell’«Anello del
Nibelungo», «Nuova Rivista Musicale Italiana» X, 1975, pp. 230-247; ed eventualmen-
te LUCA ZOPPELLI, «Der Ring des Nibelungen»: proposta per una lettura narratologica
dell’epos wagneriano, «Studi musicali» XX, 1991, pp. 317-338). Sul côté del rapporto
di Wagner con la teoria teatrale e le fonti letterarie, rimane utilissimo DIETER BORCHME-
YER, Richard Wagner. Theory and Theatre, Oxford, Oxford University Press, 1991; si
veda anche MAURIZIO GIANI, Un tessuto di motivi. Le origini del pensiero estetico di Ri-
chard Wagner, Torino, De Sono-Paravia, 1999. Ad eccezione di Oper und Drama, del
quale esiste una traduzione italiana del 1894 (di Luigi Torchi) scarsamente utilizzabile,
gli scritti teorici zurighesi di Wagner sono pure accessibili in italiano: L’opera d’arte del-
l’avvenire, trad. di Alfio Cozzi, introduzione di Paolo Isotta, Milano, Rizzoli, 1983; Una
comunicazione ai miei amici, traduzione di Francesco Gallia, Pordenone, Studio Tesi,
1985. Importante anche, per lo studio della genesi del ciclo, il materiale raccolto da
FRANCESCO GALLIA, Wagner nell’officina dei Nibelunghi, Torino, Fògola, 1996. Colgo
l’occasione per ricordare che in seguito alla scomparsa di Francesco Gallia, cui tutti ri-
volgiamo un pensiero di profondo rimpianto, la sua grande biblioteca tematica dedica-
ta a Wagner è approdata all’Istituto per le Lettere, il Teatro e il Melodramma della Fon-
dazione Giorgio Cini di Venezia, dov’è regolarmente consultabile dal pubblico.
Fra gli studi recenti che mi sono stati più utili ai fini di questo studio su Walküre ci-
terò almeno: JOHN DAVERIO, Wagner’s Ring as «Universal Poetry», in New Studies on
Richard Wagner’s «The Ring of the Nibelung», a cura di Herbert Richardson, Lewin-
ston, The Edwin Melles Press, 1991, pp. 39-53; DIETER BORCHMEYER, Wagners Mythos
vom Anfang und Ende der Welt, in Richard Wagner – «Der Ring des Nibelungen» An-
sichten des Mythos, a cura di Udo Bermbach e Dieter Borchmeyer, Stuttgart-Weimar,
Metzler, 1995, pp. 1-26; EGON VOSS, «Wagner und kein Ende». Betrachtungen und Stu-
dien, Zürich-Mainz, Atlantis, 1996; PETER WAPNEWSKI, Der Ring des Nibelungen. Ri-
chard Wagners Weltendrama, München, Piper, 1998 (20044); Das Weib der Zukunft.
Frauengestalten und Frauenstimmen bei Richard Wagner, a cura di Susanne Vill, Stutt-
gart/Weimar, Metzler, 2000; Alles ist nach seiner Art. Figuren in Richard Wagners «Der
Ring des Nibelungen», a cura di Udo Bermbach, Stuttgart/Weimar, Metzler, 2001 (in
particolare i saggi seguenti: UDO BERMBACH, Wotan – der Gott als Politiker, pp. 27-48;
BARBARA ZUBER, Fricka – eine Frau des 19. Jahrhunderts, pp. 49-67; ULRIKE KIENZLE,
Brünnhilde – das Wotanskind, pp. 81-103; JÜRGEN SCHLÄDER, Siegmund und Sieglinde
– die Läuterung aus schwerer Sünde, pp. 104-114; HERFRIED MÜNKLER, Hunding und
Hagen – Gegenspieler der Wotanshelden, pp. 144-162).
NEL
WALHALL: DIE
WALKÜRE
23

24

Hans Makart (1840-1884), Siegmund e Sieglinde nella capanna di Hunding. Olio su tela. Wiesbaden, Museum.

Sul ‘classicismo’ di Wagner e sulle diverse componenti della sua ammirazione per Bel-
lini mi permetto poi di rinviare a LUCA ZOPPELLI, Richard Wagners Bellini-Bild, in Das
Bild der italienischen Oper in Deutschland, a cura di Sebastian Werr e Daniel Branden-
burg, Münster, Lit-Verlag, 2004, pp. 170-176. Per quanto riguarda infine i testi citati nel
corso dello studio: FRIEDRICH SCHLEGEL, Frammenti critici e poetici, a cura di M. Come-
ta, Torino, Einaudi, 1998 (il passo è a p. 43); FRIEDRICH NIETZSCHE, Richard Wagner a
Bayreuth, in ID, Scritti su Wagner, Milano, Adelphi, 1982 (citazione a p. 158); RICHARD
WAGNER, Oper und Drama, a cura di Klaus Kropfinger, Stuttgart, Reclam, 1994 (il pas-
so su Antigone alle pp. 197-99). Il Versuch über das tragische di PETER SZONDI (Frank-
furt am Main, Suhrkamp, 1961) e Wagner androgyne di JEAN-JACQUES NATTIEZ (Paris,
Christian Bourgeois, 1990) sono stati pubblicati in traduzione italiana da Einaudi.
LUCA
ZOPPELLI

Arne Stollberg
La «semeiotica sonora» dei gesti. Linguaggio
del corpo e forma musicale in Die Walküre
di Wagner
I
Per Friedrich Nietzsche il caso era chiaro: «in Wagner c’è, in principio», così annotava nel 1888, «l’allucinazione: non di suoni, ma di gesti. Per questi cerca innanzitutto la se-meiotica sonora».1 Dietro questa dichiarazione lapidaria si nasconde un’accusa a Wa-gner (che il filosofo nei suoi ultimi scritti non si stancò mai di formulare) di essere sta-to più attore che compositore, e di aver tradito la dignità della musica consegnandola al teatro – detto con precisione maggiore, e con le parole di Nietzsche stesso, affidan-dola «a un’arte teatrale e mimica del tutto naturalistica, non dominata da alcuna nor-matività plastica, che vuole l’effetto e null’altro».2 Come scriverà più tardi Theodor W. Adorno, che imputava a Wagner l’assente «logica musicale, […] sostituita da una sor-ta di gesticolare»,3 così anche Nietzsche vedeva nel dramma musicale una regressione rispetto alle conquiste sin lì attuate nell’ambito dell’arte compositiva. Mentre in prece-denza la musica poteva creare la sua forma a partire da leggi proprie e produrre opere autonome, essa si sarebbe ora degradata a esprimere semplicemente «un rafforzamen-to del pathos mimico»4 e a raddoppiare in una tautologia acustica gli avvenimenti sce-nici, i gesti e gli andamenti degli interpreti.
Con tutto lo scetticismo che si potrebbe nutrire nei riguardi dei moventi ‘troppo
umani’ dell’accanita polemica di Nietzsche,5 non riesce difficile documentare nella mu-
sica di Wagner uno stampo fortemente gestuale. E a maggior ragione, in quanto il com-
positore stesso elegge il sincronismo tra rappresentazione mimica e accento ritmico-
musicale a principio fondamentale della messa in scena delle proprie opere. Per il
1 FRIEDRICH NIETZSCHE, Il caso Wagner. Un problema per amatori di musica [Der Fall Wagner. Ein Musikan-
ten-Problem, 1888], in Opere di Friedrich Nietzsche. Edizione italiana condotta sul testo critico stabilito da Gior-gio Colli e Mazzino Montinari, 8 voll., Milano, Adelphi, 1970, vol. VI, tomo III, pp. 5-50: 23.
2 FRIEDRICH NIETZSCHE, Nietzsche contra Wagner. Documenti processuali di uno psicologo [Nietzsche contra
Wagner. Aktenstücke eines Psychologen, 1888], ivi, pp. 389-414: 395-396. I corsivi all’interno delle citazioni so-no nell’originale.
3 THEODOR W. A DORNO, Wagner [Versuch über Wagner, 1937-1938], in ID., Wagner / Mahler. Due studi, To-
rino, Einaudi, 19813, p. 45.
4 FRIEDRICH NIETZSCHE, Frammento 9 [UI4.a, 1871], in Opere di Friedrich Nietzsche cit., vol. III, tomo III,
parte Ia, p. 335.
5 Cfr. MANFRED EGER, «Wenn ich Wagnern den Krieg mache…». Der Fall Nietzsche und das Menschliche,
Allzumenschliche, Wien, Neff, 1988.

26
Ignoto, La morte di Siegmund (atto II). Fa parte di una serie di sei cartoline postali dedicate alla Walküre. Da
JORDI MOTA-MARIA INFIESTA, Das Werk Richard Wagners im Spiegel der Kunst, Tübingen, Grabert-Verlag, 1995.
Brünnhilde appare a Siegmund e Sieglinde (atto II). Cartolina postale. Da JORDI MOTA-MARIA INFIESTA, Pintores wagnerians, Barcelona, Edicions de Nou Art Thor, 1988.
monologo dell’Olandese, ad esempio, stabilì in maniera addirittura pedante il modo di rendere sul piano attorale gli interventi orchestrali all’inizio (cfr. es. 1):
La nota iniziale del ritornello dell’aria (il Mi diesis grave dei bassi) accompagna il primo pas-
so dell’Olandese sulla terraferma; il suo andamento barcollante, come quello dei marinai che
sbarcano di nuovo dopo una lunga traversata, è a sua volta seguito musicalmente dalla figu-
razione ondeggiante di violoncelli e viole: con il primo quarto della terza battuta egli compie
il secondo passo, sempre con le braccia incrociate e il capo chino; il terzo e il quarto coincido-
no con le note dell’ottava e decima battuta.6
6 «Die erste Note des Ritornells der Arie (das tiefe Eïs der Bässe) wird vom ersten Schritte des Holländers auf
dem Lande begleitet; das Schwankende seiner Bewegung, wie bei Seeleuten, die nach langer Seefahrt zum ersten
Male das Land betreten, begleitet wiederum musikalisch die Wellenfigur der Violoncelle und Bratschen: mit dem
ersten Vierteile des dritten Taktes tut er den zweiten Schritt, immer mit verschrankten Armen und gesenktem
Haupte; der dritte und vierte Schritt fällt mit den Noten des achten und zehnten Taktes zusammen»; RICHARD WA-
GNER; Bemerkungen zur Aufführung der Oper «Der fliegende Holländer» [1852], in ID., Sämtliche Schriften und
Dichtungen. Volks-Ausgabe, Lipsia [1911-1914], V, p. 161.
ARNE
STOLLBERG

LA «SEMEIOTICA
ESEMPIO 1, Der fliegende Holländer, I, n. 27
In occasione dell’allestimento del Ring des Nibelungen a Bayreuth nel 1876, non ri-sulta che Wagner abbia agito diversamente. Felix Mottl riferì, in veste di testimone ocu-lare, come «a ogni frase musicale dell’orchestra» dovesse «corrispondere, secondo la disposizione [di Wagner], un’azione sulla scena».8 Così nel Rheingold il motivo d’en-trata dei due giganti, marcatamente ritmico, venne tradotto a livello gestuale facendo sì che gli interpreti, «sui loro trampoli», calcassero il passo «sul primo e terzo quarto» di ogni battuta:
7 RICHARD WAGNER, Der fliegende Holländer, riduzione per canto e pianoforte di Gustav F. Kogel, Berlin,
Adolph Fürstner, 1909, p. 34 («Richard Wagner’s Werke. Opern und Musikdramen. Ausgabe der Original-Ver-leger, 2»).
8 «Jeder musikalischen Phrase des Orchesters»; «nach [Wagners] Anweisung eine Aktion auf der Bühne ent-
sprechen» (cit. da EGON VOSS, Zur musikalischen Interpretation – Bayreuther Stil, in ID., «Wagner und kein En-
de». Betrachtungen und Studien, Zürich-Mainz, Atlantis, 1996, pp. 334-347: 339).
SONORA» DEI
GESTI
27

28
ESEMPIO 2, Das Rheingold, scena 29
Che una simile «esatta concordanza tra gli svolgimenti scenici e l’orchestra»,10 oggi de-nominata mickey mousing (nel gergo della musica da film) e riservata piuttosto all’am-bito della farsa, possa aver sortito già all’epoca un effetto involontariamente buffo, lo si comprende dal diario di Richard Fricke, aiuto-regista di Wagner a Bayreuth:
[Wagner] esige cose estremamente comiche, che sconcertano addirittura gli interpreti (sicura-
mente non debuttanti alle prime armi). Pretende ad esempio che i due giganti debbano fare la
loro entrata sopra i rialzi montuosi mantenendo un’andatura singolare. Li presenta in manie-
ra così stranamente comica che io intervenni e gli dissi (con discrezione): – Maestro, questo
non va, è innaturale–.11
Sarebbe facile sorridere oggi al dilettantismo di Wagner-regista, e contemporanea-
mente rifugiarsi nella tesi secondo cui le carenze della realizzazione scenica non pregiu-
dicherebbero la qualità visionaria della sua musica. La questione non può essere così
semplice: con ogni evidenza il momento gestuale rivestiva in Wagner un’importanza ta-
le da ripercuotersi sulla struttura compositiva in modo così determinante da rendere
impossibile contraddire la diagnosi nietzschiana citata in apertura. In passaggi musica-
li quali l’ingresso di Fafner e Fasolt assistiamo senza dubbio a una «messa in scena re-
sa in musica»,12 dove si conserva, a livello sonoro e notazionale, lo stile di rappresen-
tazione inteso da Wagner – per quanto, nella concreta attuazione del 1876, esso possa
anche essere sembrato in parte ridicolo. Non ci si deve chiedere, perciò, se la sua mu-
sica si lasci effettivamente descrivere come ‘semeiotica sonora’ dei gesti, bensì se vi si
debba essere connettere, di necessità, un giudizio estetico negativo, come quelli formu-
9 «Mit ihren Pfählen»; «auf das erste und dritte Viertel»; (RICHARD WAGNER, Das Rheingold, riduzione per
canto e pianoforte con testo di Felix Mottl, Leipzig, Peters, 1914, p. 78).
10 «Genaue Übereinstimmung der szenischen Vorgänge mit dem Orchester» (WAGNER, Bemerkungen cit., p.
16011 «[Wagner] verlangt höchst komische Sachen, welche die Darsteller (die doch nicht das erste Mal auf der
Bühne stehen) geradezu verwirren. Er verlangt z. B. von den beiden Riesen, daß sie beim ihrem Auftritt über die bergigen Erhöhungen in einer besonderen Gangart erscheinen sollen. Er machte es ihnen so seltsam komisch vor, daß ich einsprang und ihm (heimlich) sagte: – Meister, das geht so nicht, das ist unnatürlich–» (RICHARD FRICKE, Bayreuth vor dreissig Jahren. Erinnerungen an Wahnfried und aus dem Festspielhause, Dresden, Bertling, 1906; ristampa con postfazione di Joachim Herz: 1876 – Richard Wagner auf der Probe. Das Bayreuther Tagebuch des Ballettmeisters und Hilfsregisseurs Richard Fricke, Stuttgart, Akademischer Verlag H.D. Heinz, 1983, p. 93 («Stuttgarter Arbeiten zur Germanistik, 128»).
12 «Auskomponierte Inszenierung»; CARL DAHLHAUS, Die Bedeutung des Gestischen im Musikdrama Richard
Wagners, München, Bayerische Akademie der Wissenschaften, 1970, p. 9; rist. in ID., 19. Jahrhunderts IV. Richard Wagner Texte zum Musiktheater, a cura di Hermann Danuser, Laaber, Laaber Verlag, 2004, pp. 337-351 («Carl Dahlhaus: Gesammelte Schriften, 8»).
ARNE
STOLLBERG

LA «SEMEIOTICA
lati da Nietzsche e Adorno. Rinfacciare a Wagner con ardore moralistico (e la condi-scendenza tipicamente borghese per il mestiere dell’uomo di teatro) di aver sacrificato la sua natura di compositore alla propria mania per l’azione scenica, convince in ogni modo troppo poco, perché il gesto, scenico e musicale, per Wagner non è certo una con-cessione alla prassi istrionica, ma è al contrario una componente sostanziale della teo-ria dell’«opera d’arte dell’avvenire». E in quanto tale è proprio un aspetto critico e cul-turale di considerevole portata, sebbene a prima vista ciò possa suonare sorprendente.
II
Fu proprio Friedrich Nietzsche nel 1876 – quale giovane preda, ancora totalmente de-
vota della malìa di Richard Wagner – a individuare per la prima volta l’importanza del-
la dimensione critica e culturale del rapporto del compositore con il gesto, e precisa-
mente nella quarta delle sue Considerazioni inattuali, intitolata Richard Wagner a
Bayreuth. Nel fenomeno di decadenza della civiltà moderna lì diagnosticato, cui viene
contrapposta l’Œuvre come utopia di un futuro migliore, rientra anche la condizione
‘malata’ del linguaggio: in un processo di crescente astrazione, «il linguaggio ha dovu-
to percorrere tutta la scala delle sue possibilità, per abbracciare il regno del pensiero,
cioè l’esatto opposto del sentimento, allontanandosi in tal modo proprio dalle forti ma-
nifestazioni del sentimento, che esso alle origini poteva esprimere in tutta la loro schiet-
tezza». Di conseguenza, parole e concetti sarebbero certo in grado di garantire un’in-
tesa regolata da convenzioni, però non assicurerebbero alcun «concordare […] nel
sentimento». E questa «estraniazione […] fra uomo e uomo» non riguarderebbe solo
l’ambito linguistico, al contrario si sarebbe estesa da molto tempo a ogni sfera dell’esi-
stenza, cosicché «il manifestarsi dell’uomo moderno è diventato in tutto e per tutto par-
venza» e quanto costituisce la sua essenza rimarrebbe interamente nascosto dietro la
facciata dei comportamenti normalizzati dalla società.13
Il punto fondamentale dell’argomentazione consiste nel fatto che Nietzsche associa
l’irrigidimento e l’incrostarsi della vita moderna da un lato con il concetto di forma,
dall’altro con «l’intero mondo visivo», mentre designa la musica di Wagner come «per-
fetto mondo uditivo» poiché farebbe risuonare il «sentimento giusto» (il sentimento
sciolto da ogni convenzione e in tal senso completamente autentico). Al tempo stesso,
constata tuttavia che esisterebbe un «vero concetto di forma» il quale non significhe-
rebbe solo una «gradevole apparenza», bensì piuttosto l’idea di una «configurazione
necessaria nel regno del visibile», un regno però da non confondersi con «il bugiardo
mondo attuale fatto di esibizione e di illusione». La musica di Wagner in quanto «ri-
trovato linguaggio del giusto sentimento» dovrebbe anzi diventare una «guida verso un
nuovo mondo visivo», creandosi allo stesso tempo un «corpo» che ne trasmetta ade-
13 FRIEDRICH NIETZSCHE, Richard Wagner a Bayreuth. Considerazioni inattuali, IV [Unzeitgemäße Betra-
chtungen. Viertes Stück: Richard Wagner in Bayreuth, 1876], in Opere di Friedrich Nietzsche cit., vol. IV, tomo I,
pp. 1-80: 28-29.
SONORA» DEI
GESTI
29

30
guatamente i movimenti nella sfera del visibile e la realizzi senza mediazioni in veste di
«ginnastica» – come espressivo linguaggio del corpo.14
Questo ragionamento filosofico pare in un primo momento difficilmente condivisi-
bile, cionondimeno esso si appiana velocemente quando lo si pone in rapporto con la
teoria del dramma musicale sviluppata da Wagner. Si legge nell’Opera d’arte dell’avve-
nire (1849):
L’uomo è un essere esteriore e interiore insieme. I sensi ai quali egli si presenta come oggetto artistico sono la vista e l’udito. La vista coglie l’uomo esteriore, l’udito l’uomo interiore. […]
Ma l’uomo interiore è colto direttamente solo dall’orecchio, al quale si manifesta mediante il
tono di voce. Il tono di voce è infatti l’espressione immediata del sentimento […]. Il dolore e
la gioia dell’uomo dotato di sentimento si comunicano direttamente, tramite la voce, all’uomo
dotato di sentimento; e mentre la facoltà d’espressione e di trasmissione dell’uomo fisico este-
riore mediante la vista si trova dinnanzi un limite che non consente di esprimere e di comuni-
care i sentimenti del cuore, il tono variato della voce comunica chiaramente quei sentimenti al-
l’udito, che, a sua volta, li trasmette ai sentimenti del cuore.15
Wagner ricapitola qui il concetto centrale dell’estetica musicale dei sentimenti nel
modo in cui alla fine del Settecento era stato formulato sulla scorta della «psicologia associativa», il concetto cioè secondo il quale la natura – stando alla definizione data da Johann Georg Sulzer negli anni Settanta del secolo – avrebbe «istituito un collega-mento assolutamente diretto tra udito e cuore; ogni passione si annuncia tramite suo-ni propri, e proprio questi suoni destano nel cuore di chi li percepisce la passione da cui sono nati».16 Vale a dire che i suoni per il cui tramite si comunica un affetto non possono mentire, ma garantiscono sempre l’autenticità del sentimento, e quando ven-gono accolti da un’altra persona suscitano la stessa fiamma, inducendo alla comparte-cipazione con la forza di una legge naturale.
Una simile interiorità evocatrice non è ancora musica, ma solo suono inarticolato. Qualcos’altro deve sopraggiungere per conferire una forma melodica all’amorfo susse-guirsi delle note: il ritmo. E proprio a questo punto Wagner chiama in gioco l’«uomo fisico esteriore», perché il ritmo per lui non è un fenomeno autenticamente acustico, in nessun caso un fenomeno autenticamente musicale; al contrario deriva, in quanto ele-mento visibile, dal ‘plastico movimento di corpi’:
Con la disposizione ritmica dei suoni il musicista entra in contatto col mondo plastico visibi-
le, in virtù della somiglianza delle leggi secondo le quali il moto dei corpi visibili si manifesta
intellegibilmente alla nostra intuizione. L’atteggiarsi dell’uomo, che nella danza cerca di farsi
14 Ivi, pp. 29-31.
15 RICHARD WAGNER, L’opera d’arte dell’avvenire [Das Kunstwerk der Zukunft, 1849], Milano, Rizzoli,
1983, pp. 135-136.
16 «Eine ganz unmittelbare Verbindung zwischen dem Gehör und dem Herzen gestiftet; jede Leidenschaft
kündiget sich durch eigene Töne an, und eben diese Töne erweken [sic!] in dem Herzen dessen, der sie vernimmt, die leidenschaftliche Empfindung, aus welcher sie entstanden sind» (JOHANN GEORG SULZER, Allgemeine Theorie der schönen Künste [1771-1774], Leipzig, Weidemann, 1792-17942; rist.: Hildesheim-New York, Olms, 1994, III, p. 422).
ARNE
STOLLBERG

LA «SEMEIOTICA
comprendere con movimenti espressivi, alternati secondo precise regole, pare essere per la mu-
sica ciò che i corpi alla loro volta sono per la luce, la quale non risplenderebbe se non si rifran-
gesse su di loro; e così possiamo dire che senza il ritmo non potremmo percepire la musica.17
Le movenze della danza sono divenute ritmo, come necessaria «incarnazione» del suo-
no – riguardo a tale aspetto della teoria di Wagner a stento si possono sopravvaluta-
re le conseguenze per la forma musicale, per l’appunto anche di quanto il composito-
re, con una locuzione molto citata (e ancor oggi materia di discussioni controverse) ha
chiamato «melodia infinita»,18 poiché la sua peculiarità cruciale (il superamento del-la «quadratura di una fraseologia tradizionale»,19 cioè dell’articolazione del melos in unità simmetriche di 2+2, 4+4 o 8+8 battute), scaturisce dallo sforzo compiuto di la-sciare dietro sé schemi da ballo stereotipati, e conseguire, quale punto di riferimento per la musica, un’espressione del corpo individualizzata, non più soggetta alle conven-zioni sociali.
III
Stando a una tra le più note asserzioni di Wagner, la settima sinfonia di Beethoven rap-
presenterebbe l’«apoteosi della danza in se stessa».20 Dietro questo mordente aforisma
si nasconde qualcosa di gran lunga meno noto, l’ipotesi secondo cui i primordi della
stessa musica strumentale, nelle sue forme più differenti, potrebbero venire ricondotti
a facili melodie di danza. Fu Theodor Uhlig, amico di Wagner, a sviluppare nel 1850
all’interno della «Neue Zeitschrift für Musik» il pensiero in base al quale, nell’ambito
della formazione dei temi, la simmetria predominante in Haydn e Mozart, ma anche in
Beethoven, dovesse ascriversi a un fatto molto semplice: per «essere conforme alla re-
golarità dei movimenti del ballerino, fondata sull’andatura bipede dell’uomo, quindi su
un rapporto lineare», la musica avrebbe formato in maniera del tutto automatica «rit-
mi originari di due, quattro e otto battute» che, con la funzione di ossatura, verrebbe-
ro alla luce ancora nelle più complesse partiture di Beethoven, appunto.21
Wagner riprende questa riflessione per estenderla alla sfera politica, coerentemente
alle pretese di completezza della propria teoria. Il ballabile, con la sua costruzione sim-
metrica delle frasi, era all’inizio un principio prestabilito dalla natura, quindi (per Wa-
gner) si irrigidì gradualmente in una vuota convenzione in cui l’essenza individuale del-
17 RICHARD WAGNER, Beethoven [1870], in ID., Scritti su Beethoven, Firenze, Passigli, 1991, p. 116.
18 RICHARD WAGNER, Musica dell’avvenire [Zukunftmusik, 1860], Torino, Bocca, 19243, p. 80.
19 «Quadratur einer konventionellen Tonsatzkonstruktion»; RICHARD WAGNER, Über die Bestimmung der
Oper [1870], in ID., Sämtliche Schriften und Dichtungen cit., IX, p. 149.
20 WAGNER, L’opera d’arte dell’avvenire cit., p. 190.
21 «[Der] Regelmäßigkeit der Bewegungen des Tänzers [zu] entsprechen, welcher der Gang des Menschen auf
zwei Beinen, also das gerade Verhältnis zugrunde lag»;«urrhythmen von 2, 4 e 8 Takten»; THEODOR UHLIG, Die
natürliche Grundlage der Instrumentalmusik im Hinblick auf Beethovens Sinfonien [1850], in ID., Musikalische
Schriften, a cura di Ludwig Frankenstein, Regensburg, Bosse, [1913], pp. 174-186: 176 («Deutsche Musikbüche-
rei, 14»).
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GESTI
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l’uomo venne direttamente portata a scomparire. Così il periodo di otto battute perse in un certo senso l’innocenza e degenerò in emblema musicale della società aristocrati-ca, abbandonando tutta l’autenticità del sentimento, in balìa del coercitivo cerimonia-le di corte – un processo dimostrato da Wagner sulla scorta delle sinfonie di Mozart.
Qui le melodie di danza, riconvertitesi in temi, si avvicendano con insignificanti pas-
saggi di sutura, in modo tale che si potrebbe davvero percepire come la musica si ridu-
ca ogni volta a semplice brusio di sfondo per la conversazione. Laddove i motivi stret-
tamente circoscritti terminavano immancabilmente con una cadenza, per trasformarsi
in formule (passaggi e figure che non dicono niente), sembra leggervisi l’intenzione di
porre «in musica il rumore di una mensa principesca che si prepara e si sparecchia».22
L’associazione tra la simmetria formale della musica di Mozart e il sistema aristo-
cratico, contrassegnato dalla «geometrizzazione» di tutti gli aspetti della vita, risale a
un pensiero che alla fine del Settecento accompagnò l’emancipazione della borghesia.23
In particolare le riserve contro la maniera di presentarsi dell’aristocrazia di corte, stig-
matizzata come artificiosa, affettata e innaturale, fecero nascere allora quel culto del
‘sentimentalismo’ in cui si espresse il desiderio di un’aperta comunicazione tra uomo e
uomo, non offuscata da alcuna finzione o calcolo. Quanto più la manifestazione di un
sentimento era spontanea e involontaria, tanto più attendibile risultava la garanzia di
franchezza da parte di chi cercava di confidarsi per suo tramite, e in modo tanto più si-
curo permetteva di destare schietta simpatia presso il destinatario di turno. Al contra-
rio, ogni formalizzazione mediante simmetria o proporzioni armoniose è sospetta di
sottrarre alla rappresentazione artistica la forza dell’effetto vivo e non mediato, come
– nelle parole di Johann Gottfried Herder – di trasformarla in una « morta sequenza di
morte regolarità».24
Nel campo della danza e dell’arte drammatica venne così attuato un mutamento dei paradigmi, per cui l’ideale di un’espressione ‘naturale’ degli affetti si sostituì da un la-to alla rigida stilizzazione del ballet de cour, dall’altro allo stile rappresentativo decisa-mente artificioso del teatro barocco.25 Sostanziale in tale contesto fu una convinzione enunciata da numerosi teorici, secondo cui le passioni di ogni uomo verrebbero diret-tamente alla luce nella mimica facciale e nel gesto, dunque i movimenti sfumati del cor-po – come un sismografo dei moti dell’anima – avrebbero un’efficacia di gran lunga su-periore rispetto alla lingua.26 Così scrisse ad esempio Johann Georg Sulzer:
22 WAGNER, Musica dell’avvenire cit., p. 74.
23 Cfr. RUDOLF ZUR LIPPE, Naturbeherrschung am Menschen, II: Geometrisierung des Menschen und Reprä-
sentation des Privaten im französischen Absolutismus, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1974.
24 «Tote Folge toter Regelmäßigkeiten»; JOHANN GOTTFRIED HERDER, Viertes Kritisches Wäldchen [1769], in
ID., Werke in zehn Bänden, a cura di Günter Arnold et alii, II: Schriften zur Ästhetik und Literatur 1767-1781, a
cura di Gunter E. Grimm, Frankfurt am Mein, Dt. Klassiker Verlag, 1993, pp. 247-442: 359 («Bibliothek deut-scher Klassiker, 95»).
25 Cfr. ERIKA FISCHER-LICHTE, Semiotik des Theaters, vol. 2: Vom «künstlichen» zum «natürlichen» Zeichen.
Theater des Barock und der Aufklärung [1983], Tubingen, G. Narr, 1983, 19892.
26 Cfr. ALEXANDER KOSENINA, Anthropologie und Schauspielkunst. Studien zur «eloquentia corporis» im 18.
Jahrhundert, Tübingen, M. Niemeyer, 1995 («Theatron. Studien zur Geschichte und Theorie der dramatischen
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LA «SEMEIOTICA
In davvero molti casi i gesti sono una così precisa e vivace illustrazione della condizione inter-
na degli uomini che i sentimenti di questi si riconoscono molto meglio grazie ad essi di quan-
to potrebbero essere capiti tramite l’eloquente espressività delle parole. Nessun termine po-
trebbe rendere la gioia o l’irritazione, il disprezzo o l’amore in maniera tanto precisa, viva o
ancora meno tanto immediata come i gesti.27
È a simili giudizi che Wagner partecipa con la propria teoria sulla combinazione di mu-
sica e gesto nell’opera d’arte del futuro. Quando la musica – nel senso inteso da Nietz-
sche – vuole assurgere a «lingua del vero sentimento» e rimuovere quanto è semplice-
mente stereotipato o convenzionale, allora i gesti e i passi di danza iscritti nei suoni in
veste di ritmo si presume possano a loro volta fungere da veicolo di un’estrinsecazione
sincera. O, come afferma Carl Dahlhaus,
Wagner intende l’impronta musicale non come stilizzazione del movimento, bensì proprio al
contrario come mezzo per restituire a quello il suo originario carattere espressivo, non anco-
ra deformato dalla convenzione.28
In Opera e dramma il compositore giustifica la propria critica alla forma musicale
in auge fino a quel momento affermando, tra l’altro, che «la stessa pantomima era do-
minata dalla melodia di danza». Di conseguenza
l’orchestra, in ispecial modo, non aveva potuto acquistare, come accompagnatrice della dan-
za e della pantomima, la capacità di espressione, che essa avebbe raggiunto quando l’oggetto
dell’accompagnamento orchestrale, cioè la pantomima drammatica, avesse avuto il tempo di
svilupparsi conforme alle sue inesauribili facoltà intrinseche e così procacciare essa medesima
all’orchestra la materia di una vera invenzione.29
Perché, al pari di Johann Georg Sulzer, Wagner prende l’avvio dalla convinzione che la
mimica e i gesti conferiscano una forma visibile all’indicibile del sentire interiore, co-
municando direttamente con l’emozione. Se quindi la melodia assume in sé la mossa
espressiva in funzione di costrutto ritmico, allora partecipa a quella immediatezza del-
l’estrinsecazione la quale d’altro canto rimane avvinta alla pura convenzione nel mo-
mento in cui i «movimenti fissi» della danza ne vanno a rappresentare il caposaldo, e
Künste, 11»); cfr. anche ANDREAS KÄUSER, Körperzeichentheorie und Körperausdruckstheorie, in Theater im Kul-
turwandel des 18. Jahrhunderts. Inszenierung und Wahrnehmung von Körper – Musik – Sprache, a cura di Erika
Fischer-Lichte e Jörg Schönert, Göttingen, Wallstein, 1999, pp. 39-51 («Das achtzehnte Jahrhundert. Supplemen-
ta 527 «In gar viel Fällen sind die Gebehrden eine so genaue und lebhafte Abbildung des innern Zustandes der
Menschen, daß man ihre Empfindungen dadurch weit besser erkennet, als der beredteste Ausdruk der Worte sie
zu erkennen geben würde. Keine Worte können weder Lust noch Verdruß, weder Verachtung noch Liebe so be-
stimmt, so lebhaft, vielweniger so schnell ausdrüken, als die Gebehrden» (SULZER, Allgemeine Theorie der schö-
nen Künste cit., p. 314).
28 «Die musikalische Prägung empfand Wagner nicht als Stilisierung der Gebärde, sondern gerade umgekehrt
als Mittel, deren ursprünglichen, noch nicht durch Konvention verzerrten Ausdruckscharakter zu restituiren» (DAHLHAUS, Die Bedeutung cit., pp. 19-20).
29 RICHARD WAGNER, Opera e dramma [Oper und Drama, 1850-1851], Firenze-Torino-Roma, Bocca, 1894,
p. 102.
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Theodor Pixis (1831-1907), La cavalcata delle valchirie (atto III). Incisione pubblicata in «Leipziger Illustrierter», 1871.
avviene dunque quanto in musica determina la rigida regolarità della quadratura dei
periodi. Quando Wagner descrive l’azione drammatica nella «musica dell’avvenire»
come «forma ideale della danza» egli mira a un’eloquenza fisica che preveda in sé la
circostanza della diretta rappresentazione dei sentimenti tramite gesti e movimenti, ma
allo stesso tempo sia affrancata dalle configurazioni simmetriche di figure di danza ste-
reotipate – e così dal sospetto di soggiacere alle convenzioni.30
Cosa derivi dalla necessità di imprimere alla musica attraverso il ritmo un linguag-gio ‘naturale’ del corpo non più stilizzato in forma di danza, venne compreso lucida-mente ancora una volta da Friedrich Nietzsche:
La musica […] deve ora spogliarsi di tutte le forme rigide, cioè di un ritmo rigorosamente sim-
metrico. La mimica drammatica è infatti qualcosa di troppo mobile e irrazionale per ogni for-
ma di musica assoluta, essa non può neppure mantenere la battuta, e per tale ragione la mu-
sica wagneriana ha i massimi cambiamenti di tempo.31
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WAGNER, Musica dell’avvenire cit., p. 78.
NIETZSCHE, Frammento 9 cit., p. 335.
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LA «SEMEIOTICA
In questa annotazione del 1871, che risale quindi all’epoca in cui l’ammirazione di Nietzsche per Wagner aveva toccato l’apice, inizia già chiaramente a palesarsi la suc-cessiva critica all’«arte mimica non controllata da alcuna legge della plasticità». Deci-sivo è tuttavia il fatto che qui Nietzsche ascrive l’elemento coreografico delle partiture di Wagner a una «mimica drammatica» che, nella sua irregolarità, non permette più nessun ritmo simmetrico e per questo scardinerebbe la struttura tradizionale della for-ma musicale.
Cosa ciò concretamente comporti dal punto di vista della tecnica compositiva si può dedurre dalla differenza tra le prime opere fino a Lohengrin e la realizzazione del Mu-sikdrama inaugurata con Das Rheingold. Se si confronta ad esempio il motivo «del di-vieto di chiedere» in Lohengrin, articolato regolarmente in 2 + 2 + 4 battute (es. 3), con due Leitmotive centrali della Tetralogia, il motivo della spada e quello della lancia (ess.
4 e 5), allora si vede come questi ultimi – così scrive Carl Dahlhaus – scaturiscono as-
solutamente senza intermediari «dall’azione scenica» rammentando sul piano acustico
«lo sguainare della spada e l’incedere con la lancia abbassata», mentre il primo rima-
ne soggetto alla «legge della plasticità», dunque a una sintassi organizzata in maniera
simmetrica.32
ESEMPIO 3, Lohengrin, I.333
32 «Der szenischen Aktion»;«das Ziehen des Schwertes und das Schreiten mit gesenktem Speer» (DAHLHAUS,
Die Bedeutung cit., p. 23).
33 RICHARD WAGNER, Lohengrin, riduzione per canto e pianoforte di Otto Singer, Leipzig, Breitkopf & Här-
tel, 1909, p. 60 («Richard Wagner’s Werke. Opern und Musikdramen. Ausgabe der Original-Verleger, 4»).
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ESEMPIO 4, Die Walküre, I.334
ESEMPIO 5, Das Rheingold, scena 235
Una simile conversione di temi e motivi in gesti sonori e il sottrarsi di quelli alle con-
venzioni del periodare chiuso – in quanto relitto di una forma di danza normalizzata –
presuppone a sua volta un’organizzazione del decorso musicale non più basata sul rag-
gruppamento di incisi circoscritti da formule cadenzali secondo lo schema della qua-
dratura della frase musicale, ma sulla dinamica di processi motivici fondati sulla «ri-
nuncia ai tradizionali supporti della forma musicale».36
La modalità di funzionamento presso Wagner di questa reciproca compenetrazione tra motivi e scena nonché la maniera in cui essa istituisce all’interno della ‘melodia in-finita’ quella coesione formale precedentemente garantita dal principio costruttivo ‘di quadratura’ saranno illustrati dapprima sulla scorta di un esempio tratto dall’atto se-condo di Walküre. Dopodiché la gestualità verrà analizzata più nel dettaglio per quan-to concerne la sua funzione drammaturgica, di nuovo in base a passaggi selezionati dal-la medesima opera, concludendo infine con il quesito se non si possa comprendere lo stile musicale di Wagner soprattutto come immagine sonora della modalità di espres-sione fisica prediletta dal compositore.
IV
Quando Wotan, durante il dialogo con Fricka, raggiunge sempre più la convinzione
che l’ideale di un «eroe libero» è fondato su un abbaglio, e capisce di essersi invischia-
to irrimediabilmente nelle contraddizioni che la sua sposa gli ha potuto porre davan-
ti agli occhi con fin troppa facilità, risuona – dapprima ai fagotti e al clarinetto basso
34 RICHARD WAGNER, Die Walküre, riduzione per canto e pianoforte di Karl Klindworth, Mainz-Brüssel-Lon-
don-Paris, B. Schott’s Söhne, 1908, p. 39 («Richard Wagner’s Werke. Opern und Musikdramen. Ausgabe der Ori-ginal-Verleger, 8»).
35 WAGNER, Das Rheingold cit., pp. 77-78.
36 CARL DAHLHAUS, La concezione wagneriana del dramma musicale [Wagners Konzeption des musikalischen
Dramas, 1971], Fiesole, Discanto, 1983, p. 103.
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LA «SEMEIOTICA
Ferdinand Leeke (1859-1937), L’addio di Wotan a Brünnhilde (atto III). Cartolina postale. Da MOTA-INFIESTA,
Werk Richard Wagners cit.
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38
– «il tema del malcontento divino»37 articolato in quattro battute e volto a mettere in musica il « fremito represso» di Wotan, dove i gesti sono chiaramente iscritti nel de-corso melodico (es. 6, bb. 3-6): la terzina di appoggiatura che conduce allo sforzato del primo suono dissonante marca un impulso energico il quale però non evolve ma, al contrario, viene in un certo senso frenato nella melodia oscillante fino alla minima puntata della quarta battuta (b. 6), come se Wotan si sforzasse con tutta forza di na-scondere a Fricka la sua «profonda irritazione». Nella ripetizione successiva (bb. 7-11) il motivo si espande di una battuta, poi si riduce di nuovo alla sua forma origina-ria (violoncelli, bb. 11-14) per coprire infine l’intervallo di sette battute (bb. 15-21) in una ultima configurazione dinamicamente sempre più differenziata, mentre il crescen-do sul trillo di due battute illustra come Wotan stia gradualmente perdendo il domi-nio di sé (bb. 19-20):
ESEMPIO 6, Die Walküre, II.138
37 RICCARDO WAGNER, «L’anello del Nibelungo»: «L’oro del Reno», «La Walkiria», «Sigfried», «Il crepu-
scolo degli dei», [Thematischer Leitfaden durch die Musik zu Rich. Wagners Festspiel «Der Ring des Nibelun-
gen», 1876]. guida musicale a cura di Hans von Wolzogen, Torino, Bocca, 1897, p. 61.
38
WAGNER, Die Walküre cit., pp. 100-101.
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LA «SEMEIOTICA
Nell’alternanza tra contrazione ed espansione si realizza qui una sintassi estremamen-te duttile analoga all’ira di Wotan, repressa a fatica, la quale s’ingrossa, minaccia di prorompere, finché poi svanisce di nuovo sotto la superficie di un autocontrollo quasi violento.
Un’assoluta rassegnazione si espande, al contrario, quando Fricka si allontana trionfante e il marito, dopo la sconfitta subìta, sprofonda «in un cupo rimuginare», re-so tramite la tonalità di Mi bemolle minore, cui già Christian Friedrich Daniel Schu-bart aveva attestato il carattere di «disperazione rimuginante» (es. 7).39 Tutte le forze sembrano letteralmente abbandonare il dio: il gesto altero della testa del motivo sfo-cia in un pressoché irrefrenabile vortice verso il basso, il cui andamento barcollante viene sì troncato dopo quattro battute, però mai fermato veramente. Nella misura in cui Wotan cede alla propria momentanea debolezza, anche la melodia perde ogni so-Fa ).
39 «In finsteres Brüten»;«hinbrütende Verzweiflung»; CHRISTIAN FRIEDRICH DANIEL SCHUBART, Ideen zu einer
Ästhetik der Tonkunst, a cura di Ludwig Schubart, Wien, J. V. Degen, 1806 (rist. a cura di Fritz e Margrit Kaiser,
Hildesheim, Olms, 19902, p. 378).
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invece di
stegno e crolla spossata su un secondo grado cromaticamente alterato (Fa

40
ESEMPIO 7, Die Walküre, II.140
Poi però l’ira stagnante del dio mortificato esplode davvero verso l’esterno: «espressio-ne e gesto» – così si legge in un’indicazione di regia – crescono «fino allo scoppio più terribile». In conformità a ciò, anche il motivo subisce una trasformazione (es. 8, bb. 1-5): l’incipit ritmico rimane certo lo stesso ( ), tuttavia la direzione del movi-mento si capovolge. In luogo della fiacca discesa melodica, subentra una frase slancia-ta in atto eruttivo verso l’alto, subito ripresa su un altro grado armonico (bb. 7-11) e poi, innalzata ancora una volta di un tono intero (bb. 13-15), viene condotta al grido selvaggio «Götternot!»:
ESEMPIO 8, Die Walküre, II.241
40
41
WAGNER, Die Walküre cit., pp. 109.
Ibid. cit., pp. 110-111.
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LA «SEMEIOTICA
Dal punto di vista della pura tecnica compositiva, ci troviamo qui di fronte (secondo la terminologia elaborata da Arnold Schmitz per le opere di Beethoven)42 a uno «svi-luppo contrastante», pertanto a un tratto peculiare dell’elaborazione motivico-temati-ca, che viene tuttavia direttamente associato al gesto espressivo eseguito sulla scena – e in tal modo alla psicologia del personaggio. Come Nietzsche giustamente comprese, pur nel segno di una polemica astiosa, la gestualità della musica di Wagner determina la variabilità della sintassi, la quale non s’accorda più con la conformazione per così dire ‘danzante’ di strutture fraseologiche fisse, e quindi le scioglie in un continuum me-lodico, la cui organizzazione interna deriva a sua volta dalla logica dei processi moti-vico-tematici.
42 Cfr. ARNOLD SCHMITZ, Beethovens «Zwei Prinzipe». Ihre Bedeutung für Themen- und Satzbau, Berlin,
Dümmlers Verlagsbuchhandlung, 1923, p. 10.
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42
V
Nella misura in cui la quadratura – in passato la norma della sintassi musicale – perde di significato nell’organizzazione della frase melodica, essa acquista d’altra parte rilevan-za semantica. Di conseguenza non sorprende che Fricka, personificazione, per Wagner, di precetti cristallizzati e convenzioni ostili all’amore in quanto protettrice del matrimo-nio, suggelli il proprio trionfo su Wotan mediante una linea di canto addirittura provo-catoriamente regolare, articolata in maniera simmetrica nel corso di 4 + 4 + 4 battute:
ESEMPIO 9, Die Walküre, II.143
43 RICHARD WAGNER, Die Walküre, riduzione per canto e pianoforte con testo di Felix Mottl, Leipzig, Peters,
1914, pp. 116-117.
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LA «SEMEIOTICA
Il «sacro onore» («heilige Ehre») preteso da Fricka quale privilegio divino – principio agli antipodi rispetto all’amore tra Siegmund e Sieglinde, completamente umano e sconsiderato di fronte ai costumi e alla morale – si riflette in una costruzione melodica la cui armonia è associabile alla simmetria stereotipata delle danze di corte. La moglie di Wotan è un’aristocratica dalla testa ai piedi, e quindi la sua musica si attiene alle di-sciplinate sequenze di passi del ballet de cour.
Diverso è il caso di Siegmund e Sieglinde, la cui passione incipiente si esprime dap-prima – all’inizio dell’atto primo di Walküre – attraverso movimenti involontari, nel-l’arrossire spontaneo e negli sguardi sognanti, dunque per mezzo di un disinibito lin-guaggio del corpo che attesta fin dall’esordio l’autenticità di quanto espresso. E per questo Wagner scrive interludi orchestrali ‘coreografici’ nei quali il melos, libero dalla costrizione della quadratura, aderisce a quei gesti ancora così piccoli e registra le mini-me sfumature della mimica, per esempio quando Siegmund vuota la coppa e la restitui-sce a Sieglinde, mentre «il suo sguardo si fissa con crescente interesse sul viso di lei»:
ESEMPIO 10, Die Walküre, I.144
44
Ivi, p. 15.
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44
Laddove la rigida periodicità di Fricka agisce come una maschera musicale, in tali pas-
saggi l’‘estraniazione tra uomo e uomo’ deplorata da Nietzsche sembra annullarsi in
una ‘semeiotica sonora’ del gesto, non più disciplinata da convenzioni formali. Il supe-
ramento dei confini della battuta si combina con una condotta melodica basata su pro-
cedimenti sequenziali e non su frasi che si corrispondono per simmetria, coniando co-
sì quel ‘gesto’ che rimarrà caratteristico nella musica di Wagner fino a Parsifal. Cercare
nelle partiture dei drammi musicali un «segreto della forma»45 senza considerare
l’azione scenica, e valutare come questa è di volta in volta iscritta nella configurazione
ritmica può valere soltanto quale impresa sterile. La forma musicale in Wagner è sem-
pre un derivato della dimensione fisica, la quale viceversa aiuta la forma musicale a
conseguire presenza visiva: gli «appassionati confessi della gestualità sonora e di ogni
simbolizzazione drammatica» non si possono avvincere, infatti, se non con il teatro.46
(traduzione dal tedesco di Giada Viviani)
45 Cfr. ALFRED LORENZ, Das Geheimnis der Form bei Richard Wagner, 4 voll., Berlin, 1924-1933 (rist. Tut-
zing, Schneider, 1996). Per la critica su Lorenz, oltre ai numerosi contributi di Carl Dahlhaus, cfr. soprattutto
EGON VOSS, Noch einmal: Das Geheimnis der Form bei Richard Wagner (am Beispiel des «Rings des Nibelun-
gen»), in ID., «Wagner und kein Ende» cit., pp. 169-184.
46 «Erklärte Liebhaber der tönenden Gebärde und aller theatralischen Versinnbildlichung», ERNST BLOCH,
Geist der Utopie. Seconda versione [1923], in ID., Werkausgabe, Frankfurt am Mein, Suhrkamp, 1985, III, p. 104 («Suhrkamp Taschenbuch Wissenschaft, 552»).

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